Un bel funerale, quello del Guaspa: tantissima gente, partecipazione intensa, ma senza - per esempio - quegli applausi, ormai rituali e scontati, che sanno tanto di omologazione, di indistinto. Non ci sarebbe molto da aggiungere, in effetti; camminando da Piazzetta della Selva al Cimitero minumentale della Misericordia, con i passi lenti e gravi che si fanno per i funerali, ho visto tanta, tanta compostezza, e una dignità profonda.
Quante volte il Guaspa avrà solcato, con i suoi piedi, quelle plurisecolari pietre, che questo pomeriggio uggioso lo vedevano muoversi in orizzontale, con la bandiera selvaiola a fargli sentire il calore sincero di tanti, non solo appartenenti alla sua Contrada. Bellissima, toccante, l'ostensione, dalla Costarella, verso quel Campo che l'ha visto tante volte - anche molto recenti - catturato da quella "epilessia paliesca" che rapisce tutti quelli che hanno adrenalina in corpo, nei momenti topici del Palio. Le braccia dei selvaioli e degli altri, Guaspa, ti hanno innalzato, per alcuni, intensissimi, momenti. Era il modo, per chi si alternava ad accompagnarti verso il cimitero, di ringraziarti per i tanti momenti trascorsi insieme.
Ora, come sempre in questi casi, resta il ricordo: che vorremmo fosse autentico, genuino, schietto. Ti vogliamo ricordare come eri davvero, per come ognuno ti abbia conosciuto.Avevi 43 anni, Guaspa: appartenevi, dunque, all'ultima generazione di contradaioli che - viventi o meno sulle pietre - ci passavano i pomeriggi, da adolescenti. I quarantenni (o giù di lì) di oggi, sono la generazione spartiacque: sono gli ultimi ad avere vissuto una Siena che - senza retorica, perchè non era certo tutto positivo - semplicemente non esiste più. Forse, anzi, è meglio adesso: ma quella Siena, sic et simpliciter non esiste più. Inevitabile il ricordarla con un affetto lancinante, quello del tempo irrimediabilmente perduto: che non solo non torna, ma che - quando riaffiora - crea quella malinconia difficile da affrontare, tanto più da eliminare. Bastava un mezzo raggio di sole dopo ore di pioggia, per andare ad impantanarsi al Costone, o per stare comunque fuori, per strada, magari in mezzo alle pisciate del Vicolo delle Carrozze; c'erano i luoghi convenzionali, dove trovarsi: non c'era bisogno di Facebook e dei social network: di solito, si diventava amici solo perchè si condividevano gli spazi. Ma reali, non virtuali...e non era tutto incanalato e politicamente corretto come è oggi: il pesce grande, mangiava ancora il pesce piccolo (o, almeno, gli rendeva la vita difficile); cosa brutta, ingiusta, scorretta: ma palestra indiscutibile di vita. Se c'era da dare un golino, si dava (o si prendeva), senza troppi complimenti. Erano gli ultimi fuochi di qualcosa che stava finendo, che sarebbe finita di lì a poco.
Il Guaspa li ha vissuti, questi ultimi fuochi dell'ultima Siena, scorretta e sgarrupata. Quell'aria, l'ha respirata, e a pieni polmoni.
Lo ricorderemmo lo stesso, certo, il Guaspa; ma questo è un motivo in più per farlo...
SI RAFFAELE!QUESTE CONSTATAZIONI SULLA NOSTRA SIENA CHE ABBIAMO VISSUTO DA ADOLESCENTI SONO DA SCOLPIRE NELLA PIETRA!
RispondiEliminaTANTA SCHIETTEZZA...
TANTA VOGLIA DI VOLERCI BENE E DI CONDIVIDERE GLI SPAZI COMUNI...
PENSARE CHE QUESTA CITTA' E' INCANALATA ORAMAI VERSO UNA TOTALE IPCRISIA E FALSITA' CONDITA DA TANTO MA TANTO FARISAICO PERBENISMO MI RATTRISTA ALQUANTO E MI SCHIFISCE...
COSI' SEMPLICEMENTE...