Senza pretendere di cogliere, in pochi giorni di permanenza, lo spirito profondo di due città così complesse e variegate, credo che chiunque abbia avuto la ventura di camminare per Roma e Torino in questo periodo immediatamente post 17 marzo, non potrà non avere notato qualche rilevante differenza.
Torino è imbandierata in modo quasi ininterrotto, il tricolore campeggia su ogni palazzo, spesso più volte a palazzo; a Roma, questo accade molto, molto di meno.Eppure Roma è Capitale da 140 anni, Torino lo è stata per un lustro scarso. Dovrebbe essere il contrario, no?
Anche a Roma ci sono pregevoli mostre in occasione del centocinquantesimo, ma non si ha l'idea che si punti massimamente su quello, neanche per i prossimi mesi. A Torino, invece, i 150 anni sono davvero il fulcro di tutto: non certo perchè non ci sia altro (Museo egizio, Museo nazionale dell'artiglieria, Museo dell'auto, l'affollatissimo Museo del cinema ed oltre), ma ora il Risorgimento è il centro nevralgico, con recuperi che - mi auguro - resteranno (le Grandi officine ferroviarie, per esempio, ove è stata allestita la splendida mostra "Fare gli italiani", che raccomando a tutti i lettori, di cuore).
Roma, invece, pare piuttosto prepararsi a ben altro evento, capace di rubare il proscenio al Risorgimento: la tanto attesa beatificazione di Giovanni Paolo II, prevista per il 1 maggio. Grande evento mediatico, capace di convogliare una fiumana di pellegrini nell'Urbe. Polacchi ed italiani, in buona fede o disposti a tutto pur di capitalizzare l'evento, credenti ed atei devoti, tutti ad omaggiare il Papa polacco. Già mi vedo tre o quattro Porta a porta sull'evento (dopo che ne sono stati dedicati allo scomparso Papa almeno una dozzina).
Con abilissima mossa strategico-mediatica, il Vaticano vince ancora, sulla Roma laica, patriottica e libertaria: il Gianicolo e Campo dei fiori, saranno - ancora una volta - surclassati dal Cupolone, con la sua studiata liturgia mediatica.
Un Pontefice in caduta libera di consenso (soprattutto all'estero, dove esiste la possibilità di criticare il successore di Pietro), e deficitario di appeal personale, ancora una volta (come sempre, da 6 anni a questa parte) cercherà di recuperare terreno affidandosi taumaturgicamente al predecessore (morto). Come faceva Stalin con Lenin, per esempio: paragone forte? Un po', ma non peregrino: le dinamiche del potere ai più alti livelli si assomigliano sempre molto.
E i crapuloni della Roma che conta - dedicata qualche Ave Marie a Wojtyla e fatte un paio di genuflessioni al momento giusto - continueranno ad ingrassare i loro portafogli...
Raffaele Ascheri
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