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venerdì 4 novembre 2011
IV novembre: un'altra delle date sconosciute all'Italia di oggi...
Stamattina durante la mia consueta passeggiata ho chiesto a sette adulti cosa si ricordasse oggi, IV novembre: uno solo di loro ha saputo rabberciare qualcosa di somigliante alla realtà storica. Neanche la meritoria riproposizione del viaggio, da Aquileia a Roma, del treno con il Milite ignoto sarà servito a molto, temo.
L'unica, labile attenuante è il cattivo uso che la politica ha fatto della data: diventata, negli ultimi anni, Festa dell'Unità d'Italia (in chiave antileghista) e delle Forze Armate (in chiave giustificatoria per l'Afghanistan, con la cattiva coscienza che ne consegue).Già la gente tende ad ignorare, se poi si cambia il significato - allargando, dilatando, quindi ipso facto svuotandolo dall'interno - ad ogni lustro, il rischio concreto è davvero il completo oblio...
Sembra quasi che l'Italia - una volta tanto che ha vinto, quel giorno di novembre del 1918 - si vergogni di dichiararlo ai quattro venti: e sì che non c'è guerra, dalle tre d'Indipendenza fino ad oggi, che si sia vinta in modo così netto e perentorio(nonostante Caporetto), arrivando non solo appunto a vincere, ma a disintegrare il nemico di sempre, sfaldando l'Impero asburgico, una volta e per sempre. Pagando un prezzo mostruoso (circa 615mila morti, sesta posizione nella luttuosa hit parade dei morti, vinta dalla Germania con 1 milione ed 800mila deceduti, tre volte l'Italia). Con quello che ha significato la Grande Guerra, non si capisce proprio questo volere annacquarne la rievocazione.
Il IV novembre, dunque. Ad essere precisi, la data chiave sarebbe il 28 ottobre (poi solennizzata per la Marcia su Roma...), quando i comandi austriaci, ormai stremati, chiesero l'armistizio. Le truppe italiane, solo quel giorno, catturarono tremila soldati di un esercito ormai allo sbaraglio.
Pagina poco nota, per non dire quasi per niente: i disumani attacchi aerei degli Alleati (italiani, francesi e soprattutto inglesi) alle truppe austriache in rotta verso l'Austria, nelle ultime ore di guerre. Attacchi tanto feroci, quanto tatticamente inutili, visto il contesto.
Nel monumentale "La grande storia della prima guerra mondiale" di Martin Gilbert (1998, Mondadori Milano), c'è una descrizione raccapricciante di uno di questi attacchi dall'alto (i secondi della Storia, dopo quelli sperimentati in Libia nel 1911 proprio dall'aviazione italiana!). Descrizione fatta da un aviatore inglese, che rielabora con pietas ciò che è stato costretto a fare:
"Un ufficiale inglese di diciannove anni, Bernard Garside, così descrisse in seguito la scena dell'attacco aereo: "Lungo la strada c'erano rottami di veicoli con tutto il carico sparpagliato, cavalli morti, a volte con le membra amputate e le budella all'aria, cadaveri di uomini sulla strada e nei campi dove erano fuggiti per scampare alle mitragliatrici e alle bombe degli aerei, con il contenuto delle tasche stranamente sparso tutto intorno. Non voglio addentrarmi troppo in quello che ho visto, ma è stato terribile""(pagina 588, op. cit.).
Si dice, in guerra, che al nemico che fugge si debbano fare ponti d'oro: in quel caso, come in altri, non fu proprio così. E la stessa ferocia, la medesima crudeltà dall'alto degli inglesi della Raf, i soldati ed i civili italiani la dovettero assaggiare solo pochi anni dopo, nel secondo conflitto mondiale.
L'unico capace di superare, per crudeltà e numero di morti, quello che per l'Italia si era concluso quel IV novembre, alle ore 15.
Purtroppo questa data è anche quella dell'alluvione di Firenze del 1966 e di Genova del 2011. Anche questa è l'Italia. O soprattutto questa?
RispondiEliminaL'eretico