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domenica 31 marzo 2013
La domenica del villaggio: Jannacci, il Califfo e la meritocrazia del Bonaparte...
Neanche la domenica della Resurrezione ferma l'eretico, blogger stakanovista: anche perchè in questi ultimi giorni sono venuti a mancare due grandi artisti italiani ( Enzo Jannacci e Franco Califano), che meritano almeno una piccola riflessione a margine.
Entrambi, infatti, sono accomunati soprattutto da una cosa: l'essere stati artisti multiformi, capaci di attraversare il mondo dello spettacolo davvero in tutti i suoi pertugi: cantanti, autori di testi per altri, cabarettisti, attori cinematografici, scrittori ed altro ancora.
Enzo Jannacci, addirittura, era anche medico (si è letto che aveva fatto parte, da giovane, perfino del gruppo di lavoro di Christian Barnard!).
Jannacci, cantore di una Milano che non c'è più; Califano, aedo di una Roma che, invece, purtroppo c'è sempre, con il suo "Romanzo criminale" che ha visto solo cambiare gli attori sulla scena (o sul selciato), ma ben poco la sceneggiatura.
Di Enzo Jannacci, della sua attenzione artistica e creativa verso gli ultimi, resta il ricordo di una persona capace di prendere molto per se stesso, ma anche di dare moltissimo agli altri, colleghi in primis (su di lui, segnalo un bell'articolo del Superavvocato Luigi De Mossi, pubblicato sul Cittadino on line).
Quanto a Franco Califano, ha rappresentato - con Lucio Battisti e Riccardo Cocciante - il baluardo personale ed intimistico contro l'iperpoliticizzazione della canzone d'autore italiana degli anni Settanta. Amico di fascisti e postfascisti, giova ricordare che si era candidato, una ventina d'anni fa, con il morente PSDI: vacci a capire qualcosa...
Del suo soprannome (il Califfo), che dire?
Nemmeno a farlo apposta, l'eretico sta divorando l'ultimo libro di Giordano Bruno Guerri - "La mia vita carnale Amori e passioni di Gabriele D'Annunzio", di cui si scriverà domenica prossima -, e leggendo certe frasi del Califfo, la vicinanza con il Vate è piuttosto impressionante.
"Tante donne possono stancare, troppe no", sosteneva per esempio il Califfo, in modo apparentemente paradossale.
Oppure, a dimostrazione che il gioco della seduzione è anche innalzamento ed abbassamento:
"Parrucchiere, impiegate e sciampiste, devi considerarle contesse. Le contesse, invece, puoi fartele sul cofano della macchina".
Ma è anche il rapporto con la polvere bianca (altro parallelismo con il Vate!), a farci riflettere: al di là della assoluzione, si noti che nel 1970 (quando fu arrestato, la prima delle due volte, per droga), il Califfo era stato tratto in vincoli per semplice POSSESSO DI STUPEFACENTI.
Sono sì passati 40 anni abbondanti, ma se oggi si dovesse arrestare qualcuno per il semplice possesso di cocaina, ci vorrebbero gli stadi (da Champions league), piuttosto che le patrie galere...
Concludiamo - davvero gran finale pasquale - con lo Zibaldone leopardiano, quest'oggi a sfondo politico (per noi, storico) filonapoleonico: con Lui, sì che c'era la meritocrazia, secondo il 22enne Leopardi (riflessione scritta con Napoleone ancora in vita, sebbene esiliato):
"Il sistema di Napoleone metteva le sostanze dei privati inabili e inerti fra le mani degli abili e degli attivi, e il suo governo, contuttochè dispotico, perciò appunto conservava una vita interna che non si trova mai ne' governi dispotici, e non sempre nelle repubbliche, perchè l'uomo di talento e volontà di operare, era quasi sicuro di trovare il suo posto di onore e di guadagno" (Zibaldone, 31 agosto 1820). Chi dice che Leopardi non ha più niente da comunicare, peste lo colga!
sabato 30 marzo 2013
Un francescano mancato: Acampa Giuseppe (I)
Aria nuova, di effettiva discontinuità, o bluff mediatico? Questo è l'interrogativo che molti, dopo l'elezione di Bergoglio, si domandano, in relazione al futuro della Chiesa e ai suoi rapporti con il danaro e con la sua ostentazione.
Sapendo che questo blog viene frequentato con una certa assiduità anche in zone adiacenti al Tevere, con questa Pasqua ritorniamo, magno cum gaudio, a parlare di monsignor Acampa Giuseppe, plenipotenziario della sconcertante Curia senesota: vediamo se davvero qualcosa è cambiato, in Vaticano (nel caso, in meglio). Questa - insieme ovviamente a molte altre situazioni - può essere un'utile cartina di tornasole.
Da oggi, iniziamo dunque a portare (o a riportare) alla luce alcuni aspetti della biografia del mancato francescano (fuor d'ironia: da giovanotto, provò davvero a diventarlo, prima di essere allontanato, chissà perchè...): alcuni fatti sono ben noti (magari non a tutti), ma saranno conditi con qualche particolare in più; alcuni, lo sono decisamente meno. Il tutto, rigorosamente documentato, per filo e per segno. A prova di Giudice Cavoto, potremmo dire...
La foto simbolo del neofrancescanesimo bergogliano è quella del 2008: l'Arcivescovo di Buenos Aires in autobus, in mezzo alla gente.
Beh, giusto qualche annetto prima un importante prelato senesota (appunto Acampa Giuseppe), invece che mischiarsi con il popolino e con i suoi olezzi al pari del futuro Pontefice, preferiva spostarsi in macchina. E passi, ci mancherebbe altro. Non con una francescana Panda, però: con una bella Audi A3 iperaccessoriata; e passi anche questa, d'altro canto i francescani, ingrati, non se l'erano filato, no?
Ciò che era effettivamente curioso, è che i 27mila euroni pagati, erano stati finanziati da un noto imprenditore vicentino, il quale aveva quindi regalato la macchina all'Acampa. Il quale Acampa si era ben guardato dal metterla a disposizione della Diocesi.
Acampa fu messo sotto processo (con l'accusa di truffa), per questo cadeau giuntogli dall'imprenditore Caovilla; e poi assolto, perchè il Pm Nicola Marini dovette ammettere di non essere riuscito a stabilire "se effettivamente l'edificio (il Commendone, Ndr) avesse una valutazione superiore al prezzo di vendita".
Truffa (macchina da parte dell'acquirente, in cambio di prezzo molto ribassato dell'immobile per il regalante) NON dimostrata, assoluzione puntualmente arrivata. Nulla quaestio.
Resta però il fatto in se stesso, a maggior ragione oggi, che la Chiesa si ammanta di neofrancescanesimo.
L'auto fu acquistata presso la concessionaria Autovega di Arzignano (Vi) il 29 luglio 2003 (data della fattura), e consegnata all'Acampa il 4 agosto. Per puro accidente del caso "solo il giorno prima (ovvero il 28 luglio 2003) era stato concluso il contratto preliminare per l'acquisto del "Commendone" (l'immobile acquistato dall'industriale, Ndr), e Caovilla aveva appena staccato un assegno di 250mila euro a favore di Curia e Misericordia", scrivono gli investigatori che si occuparono del caso.
Proseguendo, subito dopo:
"Ma il particolare più importante è che l'autovettura, così come dalle indagini subdelegate alla Squadra Mobile di Vicenza, VIENE PAGATA IN CONTANTI DAL CAOVILLA, ma la fattura viene intestata ad Acampa, e rilasciata allo stesso".
Il quale Acampa, incidenter tantum, nel momento delle indagini su di lui per l'incendio in Curia (ottobre 2006), quella benedetta macchinona la usava ancora: e - pare - non per fare la spola fra Siena e Lourdes, con gli anziani ed i malati all'interno...
Ps Sempre Economo della Curia senesota (riparleremo a lungo del suo curioso modus operandi), oggi Acampa Giuseppe è anche editorialista, penna di prestigio del giornaletto della Curia (toh), l'imperdibile allegato locale a Toscana Oggi. Nel numero pasquale, è lui a vergare l'editoriale dedicato all'arrivo in città del Cardinale Gianfranco Ravasi, in occasione del Capodanno senesota appena ritirato fuori dagli onorandi (?) Priori.
Cito il gran finale, rimandando i masochisti intellettuali alla lettura integrale del pezzo (il giornaletto lo fanno anche pagare...):
"Niente è finito! Tutto si riapre, proprio quando, venuta meno l'abbondanza delle risortse, si riparte dalla Vita, quella Vera, quella Buona. Una primizia di Pasqua, regalata alla nostra Città!".
Se lo dice lui, che di regali se ne intende assai...
venerdì 29 marzo 2013
L'eretico a Prato: Sanità, Mussàri ed un paio di bellissime ragazze...
Ieri sera l'eretico era a Prato, invitato dall'associazione Liber@mente, per parlare di Sanità toscana (del compagno Enrico Rossi, in modo particolare), nonchè di cose senesote (ed il discorso cade sempre su Mussàri Giuseppe, chissà perchè: è lui il Senese dell'anno, non c'è dubbio. Cerchiamo il modo di omaggiarlo degnamente).
Il radicale storico Vittorio Giugni, indossando un pregevole maglione viola casentinese, ha moderato l'incontro, cui hanno partecipato poche ma qualificate persone, tra cui l'Assessore alla Sanità del Comune pratese (di centrodestra) Dante Mondanelli (medico), il dirigente aslino locale dottor Claudio Sarti, nonchè il pugnace medico Bianchi Rossi (cognome ossimorico, ma idee chiare).
Prato rappresenta una città (la seconda della Toscana, tra l'altro, per numero di abitanti) davvero fuori dal comune; come giustamente è stato sottolineato da tutti, i posti letto assegnati dalla Regione in proporzione rispetto al numero di abitanti, che senso hanno in una realtà come Prato, con la debordante comunità cinese che nessuno sa da quanti rappresentanti sia effettivamente composta (per non parlare dei nigeriani)? Problema davvero serio, in un momento di feroce spending review, alla quale però va aggiunto che "molto, moltissimo nasce in casa", a livello di sprechi ed inefficienze, come ricordato dall'Assessore Mondanelli.
In un tempo in cui ormai la vera epidemia - cito sempre l'Assessore - è effettivamente la cronicità: fortunatamente, sempre più spesso infatti si superano tumori ed infarti; ma dopo, senza un'adeguata assistenza casalinga, come si fa a garantire una buona qualità della vita?
Da notare, giusto per buttarla un po' in politica, che il medico targato Pd - inizialmente dato per presente - aveva provvidenzialmente marcato visita per un improvviso e cogente motivo familiare...
Stimolante la considerazione portata avanti da Bianchi Rossi: ma come, proprio Enrico Rossi, in politica strenuamente polemico con il federalismo di matrice leghista (in questo caso, giustamente), vorrebbe fare una grande riforma sanitaria toscana (verosimilmente incostituzionale), affidando magari il tutto all'Assessore regionale Marroni, che si richiama al "modello Toyota"?
Magari andrà a finire che il Marroni verrà a correre per la poltrona di Sindaco a Siena, come i castisti stanno cercando di fare: chi vivrà, vedrà.
A margine della conferenza, va ricordato un fatto davvero di capitale importanza (per quanto - lo ammetto - un pochino fuori tema...), che ha visto ancora una volta l'eretico dare una lettura esatta e puntuale della realtà che lo circonda.
Casello di Prato ovest, ore 19,46, pioggerellina: arriva un taxi, che si ferma casualmente proprio davanti all'eretico, in attesa dell'organizzatore Vittorio Giugni.
Dal taxi, escono due bellissime ragazze, biondissime e con tacco 12 (forse di più); si fa loro incontro un ometto (vagamente somigliante allo statista Scilipoti) che le prende con reattività in consegna, caricandole nel suo Suv d'ordinanza, e partendo subito dopo alla volta della città.
Ispiratissimo, l'eretico pensa:
"quelle due ragazze, secondo me NON verranno stasera alla conferenza sulla Sanità toscana". Ancora una volta, l'eretico ha avuto ragione...
giovedì 28 marzo 2013
L'ultimo tabù: Siena senza Palio?
Oggi l'eretico aveva già predisposto un bel pezzetto sul Sindaco di Poggibonsi, quella cara Lucia Coccheri che, invece di pensare ad amministrare meglio il suo Comune (visto tra l'altro che non ha opposizione davanti), si premura di agire per vie legali contro lo scrivente: rimandato a breve, perchè la notizia del giorno è che l'infuocata assemblea dei dipendenti comunali (di Siena) di ieri mattina (cui non si è potuto assistere, per motivi lavorativi) ha fatto emergere questa proposta chock di un'annata senza Palio.
La bastonata della Corte dei conti è davvero tale (60 giorni per cercare di evitare il dissesto, altrimenti saltano anche le elezioni), anche perchè, comunque vada, è certo che saranno i cittadini a pagare il conto del malgoverno piddino. Si potrebbe maramaldeggiare sullo sfacelo di chi ha gestito il potere senesota fino a ieri, ma non lo si fa.
Se non per sottolineare una cosa: due dei principali artefici di questo capolavoro amministrativo sono ancora pienamente in gioco (Massimo Bianchi è un papabile piddino per la candidatura, per la gioia di suorine di ogni dove; il Marzucchi, da par suo, non è arrossito nel presentarsi direttamente al Via nella corsa elettorale). Questo vuol dire che si pensa - non senza ragione - che una cospicua fetta della popolazione non si sia del tutto resa conto della situazione (omini degli orti, donnine della cooppe, più opportunisti vari).
Ben venga, dunque, la provocazione dei dipendenti comunali sul Palio, provocazione salutare e di cui vale la pena scrivere: di fronte ad una situazione come questa, non deve esistere più alcun tabù di sorta (in questo blog, peraltro, tabù ce ne sono sempre stati pochini).
Personalmente, credo che questa mazzata della Corte dei conti dovrebbe riuscire a smuovere financo coloro che sono tagliati fuori dall'informazione libera e più attendibile.
Sospendere il Palio?
No, ma cambiarlo certo sì, e profondamente: non solo ridimensionando le spese (quante volte ne abbiamo scritto), ma sgravando il Comune dal finanziamento della manifestazione. Palio sì, dunque: ma pagato dalle Contrade, a partire dall'alto, dai dirigenti. I quali in questi anni si sono presi tutti gli onori, ma ben pochi oneri.
I "giornalisti" li chiamani "condottieri" (sic), li lusingano e vezzeggiano in tutti i modi, spesso sono più conosciuti loro di alcuni amministratori comunali. Adesso, che paghino: come peraltro accadeva fino al secondo dopoguerra, quando non a caso le cariche più importanti erano solo per gli aristocratici o comunque i ricchi. Nessuno - sia ben chiaro - vuole un anacronistico ritorno a quella situazione: ma chi vuole farsi chiamare "condottiero", inizi a condurre la manina dentro al proprio portafoglio. Senza nessun bisogno di essere aristocratico.
Nessun ospite gratis a nessuna cena: poniamo fine ad uno scempio (nonchè ad un esempio eclatante della sudditanza senesota verso qualunque tipo di potentato, dal Monte alla politica, dalla Chiesa a non so che altro). Chi vuole mangiare in Contrada, paghi, poco o tanto che sia.
Con i soldi raccattati con le varie sagre et alia (finanziamento dal basso), abbinati a quelli pretesi dai dirigenti (finanziamento dall'alto), forse ci scappa anche un Palio straordinario, vuoi vedere?
Questa che si para innanzi è un'occasione unica per porre fine al Palio mussarizzato: il Palio dell'inchino al potentello da omaggiare, del conformismo zelante e galoppante (più dei migliori cavalli!), delle 20 pagine sulle previsite (e chi se ne frega!), della Festa da mostrare - come fosse cosa loro - ai potenti italioti dalle trifore di Palazzo Sansedoni, fra una pacca sulla spalla ed un sorrisetto.
Non lasciamocela sfuggire, questa occasione: non li facciamo vincere ancora una volta...
Ps Giusto fra le righe, come già scritto sarebbe un bel gesto di effettiva discontinuità se qualche torraiolo pretendesse la restituzione (dal grande impatto simbolico e concreto) della bandiera torraiola che Franchino il Ceccuzzi aveva donato all'onorevole Paolo Del Mese da Pontecagnano Faiano. In carcere, non crediamo gli possa servire più di tanto.
mercoledì 27 marzo 2013
Il mercoledì scolastico: cronaca di un esame farsa...
Con oggi, tutti in vacanza (scolasticamente parlando): fino a mercoledì prossimo, tutti a casina.
La pausa pasquale può dunque essere l'occasione giusta per andare a ripescare qualche episodio passato, nella ormai non breve memoria relativa alla propria docenza.
Propongo un giochino, quasi scolastico, ai lettori: l'eretico racconta i fatti, avvenuti circa 10 anni or sono, nel modo più asettico e neutro che gli sia possibile; i lettori leggono e giudicano, sine ira ac studio: anche perchè - tolti pochi - non sanno neanche di chi si stia parlando. Mercoledì prossimo - come questo blog cerca di fare sempre - daremo il nome della docente interessata; non lo diamo subito, perchè vorremmo che il fatto venisse conosciuto e giudicato in se stesso, a prescindere da chi ne è stato artefice.
Una scuola della non lontana Val d'Arbia, dunque; primo lustro del secolo XXI, per non essere troppo precisi; terza media, anno di esame finale, a giugno.
Un ragazzo autoctono porta, dopo alcune settimane di scuola ed alcuni voti decisamente bassi, un certificato del medico curante, che attesta qualche generico problema psicologico; il ragazzo fa non poche assenze, ed è lacunoso assai nello studio, più o meno con tutti i docenti. In più di un'occasione, dopo un'assenza a scuola, chi scrive lo vede sfrecciare con la bicicletta nel piazzale davanti all'edificio scolastico, poco dopo il suono della campanella.
Verso la metà dell'anno, si presenta al futuro eretico una maestra delle scuole elementari (siamo as usual in un Istituto comprensivo, e lei insegna nello stesso mio comprensivo), fino ad allora da me totalmente misconosciuta, la quale mi avvicina dicendomi che lei segue privatamente il ragazzo; mi chiede su cosa lavorare per cercare di farlo migliorare. Cosa piuttosto frequente, quindi cerco di collaborare, indicandole alcuni punti da sviluppare nel lavoro pomeridiano (privato).
Passano i mesi, e si arriva all'esame; il giorno dell'orale, la stessa maestra (facente parte del medesimo Istituto, si badi) si presenta di buon'ora davanti all'ingresso della scuola e parla, uno ad uno, con i docenti del ragazzo. Come credo anche agli altri, a me indica cosa esattamente domandare al ragazzo: quale argomento letterario, quale storico, quale attinente alla Geografia. Papale papale, conclude ammettendo che, lui, "altro non sa".
Quando è il mio turno, inizio proprio da quegli argomenti, cercando di venire incontro NON tanto alla collega, quanto soprattutto al ragazzo; il quale, dopo avere biascicato pochino di quelle tre cosette, viene invitato a parlare anche di altro (potrete immaginare quali domandone...): zero assoluto. Dimostrando, con ciò, di non avere alcuna idea della programmazione svolta dal docente con il quale - volente o nolente - aveva avuto il monte ore più cospicuo. Nel resto dell'orale, si può immaginare la brillantezza e l'eloquio forbito del giovanotto.
Al momento del Consiglio, io ed una collega facciamo notare la sua quasi completa impreparazione: con motivazioni le più svariate, però, l'alunno viene promosso, tra l'incredulità dei suoi stessi compagni di classe.
"Ma sì, che vuoi che sia, dai, non ti fissare...poi un ragazzone in quel modo non lo puoi lasciare alle medie un altro anno. Mandiamolo alle superiori, poi ci penseranno loro, stai tranquillo...", mi viene fatto notare.
Me ne vado dal Consiglio: pensando cose che, anche a distanza di anni, è decisamente bene mi tenga per me.
Ps Chi ha letto Le mani sulla città, già conosceva questo episodio (se lo ricorda); pregasi quindi non anticipare niente nei commenti...
lunedì 25 marzo 2013
La candidata Pd Vannozzi, sacrificio umano per il Dio Franchino
Pare proprio che la candidatura di Francesca Vannozzi sia dunque quella "giusta", per il Pd senesota: niente primarie (ed il povero Pasqualito D'Onofrio, che fine avrebbe fatto?), dibattito interno risibile, candidatura insomma da furbetti del partitone.
Eh sì, perchè questa della docente universitaria (ricercatrice) Francersca Vannozzi è una mossa proprio da furbetti: si pesca fuori dal recinto dei ceccuzziani più in vista, si sembra premiare la società civile, si dà spazio financo ad una donna (mai ce n'è stata una Sindaco, a Siena), si candida una persona onesta (che certo non ha fatto le cenette con futuri carcerati, distribuendo loro milioncini di euro del Monte). A prima vista, davvero ben fatto.
Il lavoro dell'informazione non embedded, sarà dunque quello di smascherare l'ennesimo inganno del Pd senesota: fatti i complimenti al Gavinone per lo scoop (notizia data sabato sera!), già nei commenti dei lettori si evidenzia quanto la Vannozzi sia ben poco conosciuta in città (urge organizzare incontri conoscitivi con gli "omini degli orti" per illustrare la candidatura); gli Illuminati, da par loro, l'hanno già bollata come berlingueriana e tosiana, senz'altro con piena cognizione di causa (certo sarebbe stimolante sapere cosa abbia detto, la candidata piddina, dello scempio universitario in questi ultimi anni).
Al povero eretico, per ora almeno, non resta molto da scrivere, se non che deve cospargersi il capo di cenere. Dopo anni di insegnamento, deve ammettere di avere sbagliato: avendo sempre sostenuto, con la consueta sicumera, che i sacrifici umani erano cessati nell'America post-colombiana, portato positivo (almeno questo) dei conquistadores e della loro violenza applicata sul campo.
Sbagliato, errato, padellato: nella Sienina postmussarizzata (ma evidentemente non postceccuzziana), i sacrifici umani esistono ancora, eccome.
La povera Vannozzi, fra circa due mesi, dovrà immolarsi in favore di una nota divinità locale (ben accetta anche da importanti esponenti del monoteismo locale, di stanza nella acropoli della città), ancora molto venerata in più di un tabernacolo autoctono: il Dio Franchino, un curioso essere, multiforme e dalla originale capigliatura, che, in quanto ancora ottenebrato dal Potere solo apparentemente lasciato, pretende il sacrificio di una vergine (politica) prima del definitivo abbandono.
La sacerdotessa che è stata scelta per officiare il cruento ed anacronistico rito pare sia Anna Carli, ad entrambi legata da un patto di lunga data.
L'evento, cadenzato e dilatato come si conviene, inizierà all'alba della settimana precedente le elezioni: di fronte a torme di omini degli orti e di donnine con il sacchetto della Cooppe in mano, i ceccuzziani più ispirati inizieranno a danzare intorno alla malcapitata vittima sacrificale, tutti circondati da piccoli fuochi accesi per autocombustione (Curia arcivescovile docet); la sventurata, come la liturgia sacrificale prevede, verrà a sua volta bendata con cura (non un contrappasso, pura coerenza con il suo silenzio su questi anni), dopodichè si passerà al luttuoso fatto di sangue, di fronte al popolino ebbro di cotanta crudeltà.
Dopo il cruento e barbaro rituale grandguignolesco, la sete e la fame di potere del Dio Franchino si sarà placata, il suo desiderio di rientro gratificato: una vittima sacrificale (leggasi foglia di fico) voleva, desiderava, pretendeva; una vittima sacrificale (leggasi foglia di fico) gli è stata offerta.
Ringalluzzito dall'evento, la divinità dalla curiosa capigliatura cercherà di emulare il suo idolo Berlusconi con una mossa davvero a sorpresa, mossa che lo farà precipitosamente risalire nei sondaggi, in città:
"15 minuti alla Coop", cioè un quarto d'ora, per tutti i simpatizzanti Pd, per accaparrarsi derrate alimentari dagli scaffali del supermercato, aggratisse. Prendi e porta a casa.
Il giorno dopo, arriverà Massimo D'Alema in città, ripasserà proprio dalla Cooppe di San Miniato come nella primavera del 2011, e ridirà, con il Dio Franchino al fianco:
"Mi raccomando, in questa città non basta vincere, bisogna vincere bene!".
domenica 24 marzo 2013
La domenica del villaggio: "La Frode", il Comandante Arkan, un po' di Giacomo...
Il libro della domenica non è certo una novità editoriale, ma è un testo straordinariamente attuale ed utile per capire l'odio che ancora bolle nella polveriera della ex Jugoslavia (vedasi la recentissima sfida calcistica tra Croazia e Serbia, a Zagabria):"Arkan, la tigre dei Balcani", di C. S. Stewart, pubblicato da Alet (Padova) nel marzo 2009.
Leggendo le cronache del contorno della partita (riedizione della guerra civile del 1991-1995), mi è tornata in mente proprio la figura, ancora leggendaria per molti serbi, del delinquente fattosi paramilitare Zeljko Raznatovic, il famigerato Comandante Arkan. Il mondo conosce lui, e ricorda la innegabile ferocia di lui e dei suoi paramilitari. Arkan, per dirne una, era l'uomo che si vantava di avere ucciso (da solo, dopo essersi trovato involontariamente in pieno territorio nemico), 24 ustascia croati a Vukovar, nel novembre del 1991.
Ma la realtà balcanica è troppo complessa per abbandonarsi a facili divisioni, manichee quanto false. Guidando per la Croazia, ci si accorge ancora oggi, e ben presto, di una cosa: molti paesi, frequentati da ignare famigliole di turisti, salutano chi entra con l'effigie di Ante Gotovina, capo dell'esercito croato in quegli anni. Persona tutt'altro che pacifista, per usare un eufemismo. C'era chi voleva fare dare il calcio di inizio della partita Croazia-Serbia proprio a lui, l'altra sera!
L'odio balcanico, insomma, è ben lungi dall'essere placato: e lo sport, nonostante le lodevoli intenzioni dei protagonisti in campo, può gettare, per eterogenesi dei fini, ulteriore benzina su di un fuoco mai sopito.
Film da non mancare, l'annunciato "La frode" del bravo Nicholas Jarecki: cast stellare (Richard Gere, Susan Sarandon, Laetitia Casta), ottimo ritmo, tensione mai in calando dall'inizio alla fine, perfetta (purtroppo) plausibilità della sceneggiatura.
Il 60enne Gere è uno squalo dell'altissima finanza, aduso sbianchettare i bilanci della propria impresa. Il film, però, non è solo un attacco frontale alla spregiudicatezza amorale di quel mondo, ma si rivela anche un efficacissimo atto di accusa verso chi, lodevolmente, prova a mettere un freno all'ingiustizia famelica ed alle scorribande, non solo finanziarie, del Madoff di turno.
Non scriviamo oltre, ma questa è una pellicola da mostrare ad un corso di aggiornamento per avvocati (per fare vedere come si fa ad uscire da una situazione disperata), e da proiettare in ogni Procura dell'orbe terracqueo (per mostrare come si butta al vento un'occasione d'oro, irripetibile, per incastrare un manigoldo impunito).
Riflessione leopardiana (che ognuno può volgere contro chi vuole...), infine, per nobilitare la domenica marzolina:
"A un giovane sventatello che per iscusarsi di molti errori e cattive riuscite e vergogne e male figure fatte nella società e nel mondo diceva e ripeteva sovente che la vita è una commedia, replicò un giorno N.N., anche nella commedia è meglio essere applaudito che fischiato, e un commediante che non sappia fare il suo mestiere (professione), all'ultimo si muor di fame" (Zibaldone, 17 aprile 1824).
venerdì 22 marzo 2013
Repubblica su Contrade e Casta
Il Venerdì di Repubblica, uno dei magazine a più ampia tiratura d'Italia, mette in copertina il caso-Siena, indicato come paradigmatico del caso Italia (stessa impostazione di Report, tra l'altro, a livello di parallelismo giornalistico). Dopo anni in cui si vedevano solo ed immancabilmente pezzi oleografici (chissà perchè), da qualche tempo le cose sono cambiate, anche perchè scrivere criticamente del Sistema Siena adesso è come sparare sulla Croce rossa (i locali corifei prezzolati ormai non rispondono nemmeno più, giusto qualche punzecchiatura ogni tanto...).
Dico subito (non si sa mai) che la giornalista Paola Zanuttini io non la conosco: mai vista o sentita. Di particolare interesse, l'approccio che lei fa (per la prima volta in questi termini) del rapporto fra Contrade e potere politico-montepaschino.
Portata nella Giraffa, intervistata la Priora Laura Dinelli, la prima parte della sua analisi è del tutto agiografica (le sue considerazioni ovviamente valgono anche per le altre 16 consorelle):
"Tutti uguali (in Contrada, Ndr), il notaio ed il falegname. Solidarietà, cene sociali, volontariato".
Manca giusto la chiave nella toppa, e siamo a posto.
Subito dopo, repente, la riflessione si fa però più articolata, e - ad eretical parere - assai più agganciata ai tempi:
"La narcosi che ha impedito di annusare il disastro è il frutto avvelenato di un regime soffice che, ad un certo punto, avrà perso di vista il buon governo, ma non la fabbrica del consenso".
Davvero ben detto, anzi scritto. Per la prima volta, una giornalista foresta azzarda un'elaborazione efficace del rapporto tra politica e Palio, diversa dall'oleografia dominante fino a ieri, nonchè molto simile tra l'altro a ciò che, in questo blog e nei miei libri, è stato scritto non so più quante volte.
Ha fatto bene la massima dirigente della Giraffa a parlare (dopo il rifiuto di molti, si evince)? Alcuni dicono di no, invece Laura Dinelli ha fatto benissimo a dire la sua, a non tirarsi indietro come altri suoi pari. Lo dico non perchè ci salutiamo e perchè conosco da anni il marito, lo dico perchè penso che abbia davvero fatto bene.
Il problema effettivo, però, è a questo punto ciò che ha detto, da dirigente di Contrada e da montepaschina.
"Ci siamo fidati, anche sull'acquisto di Antonveneta. Se c'era del dolo lo stabilisce la magistratura. E anche il Pd: se ha fatto degli errori, li sconterà".
C'è bisogno forse della Magistratura, per scoprire che Antonveneta è stata strapagata? No di certo! E soprattutto: sugli errori del Pd, si può usare a premessa il "se"? Ed è l'apodosi, la conseguenza del ragionamento della Dinelli, a non essere accettabile in alcun modo: (se il Pd ha fatto degli errori), "li sconterà".
Non so se li sconterà il Pd: li sconteranno, però, tutti i cittadini senesi...
Ps Immagino le polemiche che ci saranno sulla copertina del Venerdì (soprattutto nel Leocorno!), ed in parte le capisco; ma ricordate, la foto più scandalosa ed invereconda, per il Palio, è un'altra (che forse non esiste neanche): Mussàri Giuseppe che, dopo ogni carriera, immancabilmente, entra, tronfio di se stesso, nella Contrada vittoriosa.
Con i dirigenti di tutte le Contrade - nessuna esclusa - ad omaggiarlo: il rispetto formale del ruolo va bene, il servile omaggio molto, molto meno.
giovedì 21 marzo 2013
Pietro Mennea, un maestro che se ne va
Un fisico normotipico, dunque anomalo, in quel contesto; uomo del Sud levantino, ma con un'etica del lavoro e del sacrificio da protestante berlinese; bianco, ma con la rabbia dei neri dei ghetti dentro di sè; italiano di passaporto, ma con un background da ragazzino-corridore degno della Rift valley: questo, e molto altro ancora, era Pietro Mennea.
Per chi abbia mai praticato l'atletica, a qualsivoglia livello, un esempio; per chi ami lo sport pulito, un modello; nonchè uno schiaffo, morale e mortale, per i tanti (soprattutto calciatori) che dicono tre volte "mister" in ogni frase, da parte di uno che aveva 5 lauree, vere. In un mondo in cui i migliori ne hanno una, magari al Cepu.
Ripercorrendo la sua monumentale carriera, ho capito - come mai prima - quanto gli fossi debitore, come tutti i ragazzini innamorati dell'atletica della nostra generazione: di chi aveva 10 anni quando Mennea schiantò, nei 200, gli avversari a Città del Messico (Universiadi), con un recupero quasi disumano negli ultimi 60 metri (19 secondi e 72 centesimi, record del mondo per 17 anni, ancora oggi record europeo, dopo 34 anni!); di chi fece nottata per vederlo gareggiare, in finale, a Los Angeles 1984: indomabile, in una gara che vide vincere il sovrumano Carl Lewis (oro anche nei 100, nella staffetta 4x100, e nel salto in lungo).
Vinse poi, Mennea, l'oro olimpico nelle Olimpiadi moscovite del 1980 (quelle del boicottaggio USA). Aveva iniziato, a Barletta, a fare le gare con gli amici che lo sfidavano, per qualche spicciolo: lui con i suoi muscoli, gli altri con il motorino, ricorda Emanuela Audisio su Repubblica.
Capace di allenarsi fino allo sfinimento, senza alcuna retorica - se non quella dei fatti - era il volto vincente dell'Italia che sa faticare, senza affidarsi a stelloni o a mezzucci: un italiano anomalo, dunque. Non perchè vinceva o stravinceva, ma proprio per COME sapeva vincere.
Giustamente, più d'uno in queste ore ha messo in evidenza come il grande mezzofondista Sebastian Coe (affermatosi anch'egli fra la fine dei Settanta e l'inizio degli Ottanta) sia divenuto il massimo dirigente sportivo inglese, come dimostrato da Londra 2012, mentre la burocrazia dello sport italiano mai ha saputo valorizzare come avrebbe meritato lo straordinario atleta barlettano. Non c'è da stupirsene, e d'altra parte lo stesso Pietro Mennea non si riconosceva nello sport di oggi.
Manco a farlo apposta, stasera ho acceso la tv e mi sono visto un atleta italiano come Andrew Howe: non era in pista, faceva la pubblicità al Kinder bueno.
Pietro Mennea, la pubblicità ai dolcetti non l'ha mai fatta. Si è limitato a fare la pubblicità (e che pubblicità) all'atletica, ed allo sport (pulito) in generale. Se vi sembra poco. Spero che il mondo della scuola, oltre a quello dell'atletica, lo sappia ricordare.
Io mi inchino davanti a lui, a questo autentico gigante della fatica e del sudore: altro non potendo, e non volendo, fare.
mercoledì 20 marzo 2013
Un sei e mezzo a Pamparana, in attesa del sequel
Confinato, come tutto ciò che concerne il Monte, ad orari da nottambuli (per la gente comune, non per l'eretico, noto tiratardi), è andato in onda lo speciale che Pamparana ha dedicato allo scandalo Mps. A quell'ora, purtroppo, gli "omini degli orti" giustamente sono a lettino da un bel pezzo, ed il programma sarà stato visto da chi, più o meno, querste cose sul Monte già le sapeva. Una replica per l'ora della desina, non c'è?
Che voto diamo, dunque, al giornalista del Tg5? Diciamo un 6 e mezzo, in attesa che dedichi magari un sequel al suo prodotto: di certo ben confezionato, a tratti nobilmente divulgativo (vedasi sui derivati), con il merito precipuo di avere mostrato a lungo il Superavvocato Luigi De Mossi "sfolgorante in solio"; ma incapace di andare oltre, purtroppo.
Si potrà dire tutto di Report, ma quella trasmissione HA ANTICIPATO la bufera, quella di Pamparana invece si è limitata a descriverla, e con curiose omissioni.
Non parlo tanto del paonazzo del Nicchio (Maurizio Cenni, peggior Sindaco dal secondo dopoguerra) o del desaparecido Franchino il Ceccuzzi: presumo che - come d'abitudine - il giornalista foresto li abbia cercati, ma loro gli abbiano detto di essere a fare la spesa alla Cooppe. Ecco quindi spuntare fuori le vecchie volpi Mazzoni della Stella e Piccini, ben lieti di dire la loro.
Le 2 omissioni principali, dalle quali spero davvero che il bravo Pamparana saprà emendarsi quanto prima, sono queste:
1) la città; fare capire allo spettatore di Pantelleria o della bassa bergamasca che qui il cittadino medio, fino a pochi mesi fa, pensava di vivere nella culla del Buon governo: questo sì che sarebbe stato un bel colpo, ma in questo caso si sarebbe dovuto affrontare il nodo scottante del silenzio mediatico locale (e non solo). Solidarietà corporativa, forse?
2) Mussàri Giuseppe; quasi mai citato, niente di niente sul suo ruolo di dominus assoluto, su Siena. Qualunque cosa ci sia stata dietro lo scandalo Antonveneta (e ne approfittiamo per augurare un ennesimo buon lavoro ai tre moschettieri della Procura!), senza il pieno potere mussariano - più copertura politica di Cenni e Franchino, con Gabriellone Mancini non pervenuto - in loco, non se ne sarebbe potuto fare di niente.
L'amico Paolo Mazzini, ora avvicinatosi al Valentini, ha detto davanti a Pamparana che quando fu acquistata Antonveneta tutti erano d'accordo, in città. Proprio un birichino, il nostro Paolino: che faccio, gli tolgo il saluto?
Ps Rinnovo l'invito a presenziare all'incontro di stasera sulla Sanità senesota (h.21, Palazzo Patrizi); ci sarà anche una chicchina ereticale, per l'occasione...
martedì 19 marzo 2013
Minucci Ferdinando: ecco l'esposto che scotta...
La società mensanina ha risposto come d'abitudine in modo rabbioso all'esposto anonimo che, nei giorni scorsi, ben 4 Procure della Repubblica (Siena, Trani, Forlì e Rimini, con condimento di nuclei di Guardia di finanza sparsi in tutta la penisola) si sono viste recapitare.
In contesti normali, senza sbraitare tanto, il Presidente della società avrebbe convocato i giornalisti e si sarebbe sottoposto alle domande di rito dei cronisti (non solo di quelli stipendiati dalla società stessa, magari); siccome siamo a Sienina, Minucci (che continua ovviamente ad essere il dominus della società) ed il Presidente ufficiale, notaio Lazzeroni, stanno ben zitti (pare abbiano presentato un controesposto: auguroni, ne hanno particolare bisogno, ad occhio e croce...).
L'esposto è davvero molto ben documentato (sarebbe piaciuto farlo all'eretico, così ben ordinato e puntuale, ma così purtroppo non è); dopo un paio di pagine di introduzione, l'anonimo estensore non fa altro che sciorinare documenti su documenti, implacabile birbante.
La parte più ghiotta, ad eretical parere, è quella concernente la formalizzazione notarile della clamorosa vendita del marchio della società, di cui si era peraltro già scritto in questo blog e su altri organi di stampa.
Davanti al notaio Strato Cangiano (sì, si chiama proprio così), il 26 marzo 2012 si ufficializza una triangolazione tra banca Mps-Brand management Srl- Stefano Sammarini.
La banca, con Mussàri Giuseppe in uscita dopo un mese (!), consegna 8 milioncini freschi freschi ad un imprenditore amico di Minucci (questo Sammarini), "titolare dell'intero capitale sociale della suddetta Brand management Srl". Società dal capitale sociale di ben 10mila euro (!), e costituita - pensate un po' - il 20 febbraio 2012 (un mese prima!). Giustamente nell'esposto si citano i 43 suicidi di piccoli imprenditori, strozzati dalla mancanza di credito, in quello stesso periodo. Mps, se c'è Minucci Ferdinando di mezzo, i soldi invece li trova sempre.
Procedamus.
"Il contratto sottoscritto in data odierna avente ad oggetto il diritto di sfruttamento commerciale esclusivo di parte degli spazi del Palaestra (Palasport Mens sana)", nonchè "l'impegno della Mens sana basket Spa a collaborare attivamente con la Parte finanziata (la Brand management, Ndr) al fine di agevolare quest'ultima nella ricerca di controparti per LA COMMERCIALIZZAZIONE DEGLI SPAZI COMMERCIALI oggetto del suddetto contratto, nell'ambito degli obiettivi di Business plan della Parte finanziata stessa".
Le domande sarebbero un centinaio (e tanto il duo Lazzeroni-Minucci non può rispondere neanche ad una), ma vediamo di restringere il campo a solo due, le prime che ci vengono in mente:
1) la prima rata da restituire (in 36 rate semestrali) alla banca Mps scadeva il 31 dicembre 2012. Il prestigioso imprenditore Sammarini ha onorato il debito? Ce lo dicano, che siamo tutti più contenti. Speriamo soprattutto che accada lo stesso per le altre 35 rate...
2) questa neonata società Brand management si dovrebbe occupare quindi anche degli spazi pubblicitari mensanini. Allora a cosa diavolo serve la mitica Best solutions? Società che - ma è solo un accidente della vita - appartiene per il 40% alla first lady Rosanna Mereu in Minucci, per un altro 40% alla di entrambi figlia Federica Minucci, al 10% al di lei marito Pierluigi Zagni, nonchè - dulcis in fundo - al patriarca Minucci Ferdinando, con l'ultimo 10%.
A quando la conferenza stampa per chiarire tutti i punti oscuri?
Ps Una pura curiosità: il 17 marzo 2012 ci fu il clamoroso sciopero dei dipendenti Mps; meno di 10 giorni dopo, il Presidente Mussàri Giuseppe elargiva un maxifinanziamento di 8 milioni di euro ad una neonata e sconosciuta società avente come capitale sociale 10mila euro (sic).
Vedete, ancora una volta, perchè è importante che certe cose non si sappiano?
lunedì 18 marzo 2013
Il compagno Enrico Rossi, le indagini sulle Asl ed una stimolante conferenza...
Il compagno Enrico Rossi pare sempre più in fase confusionale, passando allegramente da una boutade all'altra, stretto nella morsa delle inchieste giudiziarie che stanno facendo franare la Sanità toscana, e della crisi che non risparmia la ex Toscana felix (che bello, quando Repubblica mandava i suoi inviati a celebrare la Regione, all'insegna del "siamo in Italia, ma sembra di essere altrove").
Feroce, implacabile accusatore dei grillini e del loro populismo pauperistico, eccolo annunciare, lo scorso venerdì, forse ancora preso dall'emozione per l'ascesa al soglio pontificio del "francescano" Bergoglio:
"Voglio stare ancora più vicino ai cittadini in difficoltà. La situazione è difficilissima".
Il compagno Enrico non ritirerà quindi la busta paga (circa 7000 euroni netti) fino a quando il Governo non sbloccherà i fondi per la cassa integrazione per i lavoratori toscani (che immaginiamo al settimo cielo per questo gesto filantropico. Fatto 30, potrebbe fare 31, destinandoli direttamente ad un fondo regionale per i cassintegrati, no?). Contagiato dal grillismo, dunque? Fossimo in lui, il lauto stipendio lo raccatteremmo subito: ma non alberga, nel nostro cuore, un animus francescan-grillino come quello del Governatore della ex Toscana felix.
Ma veniamo alla ciccia, ai dindini veri: i bilanci milionari (ed in rosso) delle Asl toscanote. Qui, il Rossi Enrico (indagato solo a Massa, per ora) offre davvero il meglio di sé. A fronte del Procuratore di Massa Carrara che fa capire apertis verbis che ciò che ha scoperto la sua Procura non è assolutamente un caso così isolato, ecco che colui che deve tutto - per la carriera politica - alla Sanità toscanota, ha il coraggio di dichiarare, sulle indagini, che le stesse si devono svolgere "NEL MASSIMO DELLA RISERVATEZZA e della rapidità per evitare strumentalizzazioni politiche".
Neppure il Bettino Craxi degli anni d'oro, forse, era arrivato a tanto: INDAGINI RAPIDE (giusto, ma bisognerebbe che lo fossero per tutti, non solo per i potenti), e, soprattutto, RISERVATE (così l'opposizione Pdl - una volta tanto agguerrita - non potrebbe fare appunto l'opposizione, per non parlare del poco giornalismo serio, evidentemente da mettere a tacere).
Facciamo una cosa, così si risparmia anche danaro pubblico (e si dà, anche questo, ai cassintegrati): perchè il Governatore Rossi non se le fa lui da solo, queste indagini che stanno scoperchiando i miasmi di un Sistema che, fino a poco tempo fa, doveva e poteva essere solo magnificato (che somiglianza, con le vicende di una certa banca toscana...)?
Per parlare della "Sanità senesota", Pietraserena e Siena c'è (che esprimono la candidatura a Sindaco di Enrico Tucci) organizzano un incontro pubblico (mercoledì 20 marzo, alle 21 a Palazzo Patrizi). La Direttrice del Cittadino on line (Raffaella Ruscitto) intervisterà, insieme a Max Angelini, l'eretico sulla scottante questione della sanità locale. Concluderà il candidato Tucci.
Iniziativa lodevolissima, che anche gli altri candidati farebbero bene ad organizzare quanto prima(e lo scrivente offre disponibilità A TUTTI, nessuno escluso: compreso dunque il Pd, se finalmente volesse essere un partito aperto e non sistematicamente censorio delle voci scomode, ma ben documentate).
Ps La prossima settimana, sul blog torneremo a scrivere di una figura della gloriosa stagione della dottoressa Benedetto in Rossi: il dottor Paolo Franchi. Nonchè di un paio di vicende che, forse, potrebbero meritare un interessamento della Procura della Repubblica...
domenica 17 marzo 2013
La domenica del villaggio: un Papa ossimorico, una strage dimenticata (ed un film stimolante)
Non si può non tornare a scrivere del nuovo Pontefice Francesco, in questa sede. Con un'aggiunta a quanto scritto giovedì, nell'articolo a lui dedicato e al quale rimando: più ci si pensa, e più questo Papa - a livello programmatico - ci comunica il suo essere un PONTEFICE OSSIMORICO, capace cioè di coniugare due galassie del frastagliato mondo cattolico agli antipodi l'una con l'altra, il francescanesimo (da cui la scelta dell'impegnativo nome) e l'essere gesuita.
Forse i commentatori (compreso chi scrive) si sono, a caldo, soffermati più sul carattere di novitas -
dato sia dal nome, che dall'appartenenza -, dimenticando però di fare risaltare l'ossimorica presenza. Due modi antitetici di porsi verso Cristo e verso la Chiesa stessa, quello gesuitico e quello francescano: riuscirà Bergoglio ad armonizzare il tutto? Più che una scommessa, pare un azzardo vero e proprio: ma questo, per la Chiesa, è davvero tempo di azzardi.
Con un nuovo Papa voluto (preteso, anzi) dalla Curia romana, il rischio sarebbe stato il completo default. Di residuale credibilità, più che di danari...
Ricorre oggi un anniversario che dovrebbe imbarazzare molto noi italiani, se solo gli italiani lo conoscessero. Merito del Corriere della sera di avere dedicato una intera pagina domenicale a ricordarlo.
Il 16, 17 e 18 marzo 1938 l'aviazione militare fascista (Aviazione legionaria) bombardò, senza alcuna pietà verso i civili, Barcellona, nell'ambito della terribile Guerra civile spagnola (1936-1939). Meno di un anno dopo Guernica, fu la prima strage determinata dagli italiani, dal cielo, su una grande città europea. Centinaia furono i morti, soprattutto povera o poverissima gente (furono bombardati soprattutto zone popolari della città).
D'altro canto, era stato proprio un italiano (e grande aviatore, va riconosciuto) il teorico della necessità di quel civil bombing che, pochi anni dopo, andò a ritorcersi proprio contro le città italiane (una delle tante nemesi della nostra martoriata storia): Giulio Dohuet, la cui opera "Il dominio dell'aria" fu considerata da tutti gli esperti come la effettiva pietra miliare della teorizzazione del bombardamento, terroristico e terrorizzante, dei civili.
Pagina oscura, triste, imbarazzante: ma di cui bisogna avere l'onestà di parlare, e che bisogna cercare di fare conoscere. E non solo ai giovani.
L'eretico in giornata andrà a vedere un film (di cui si scriverà verosimilmente la prossima domenica): "La frode", di N. Jarecki, con Richard Gere, Susan Sarandon e la Casta (non quella senese...).
Dalla recensione di Roberto Nepoti (Repubblica di giovedì, pagina 68), un passaggio succulento, riferito al protagonista (Richard Gere):
"Nella seconda parte del film...l'uomo getta la maschera, diventando una figura emblematica di quel capitalismo selvaggio e di quel delirio speculativo che, nel disprezzo di ogni norma, ci stanno portando alla rovina...ma, di fronte alla società, la sua immagine resterà quella di un uomo ammirevole e di un grande filantropo".
Il film, per la cronaca, è ambientato negli States, in particolare a NYC: chissà se Bloomberg, Sindaco della Grande mela, minaccerà querele contro questo regista che infanga la città...
venerdì 15 marzo 2013
Vigni Antonio e l'eretico in Tribunale...
Con oggi, l'eretico ha fatto bingo (sic!), e non è da tutti: sono entrato in Tribunale come teste della difesa, dopo esserci entrato, negli anni, come persona informata sui fatti (grazie a Mussàri Giuseppe), come indagato (grazie a Mussàri Giuseppe), come imputato (grazie a Mussàri Giuseppe), più svariate causette civili ancora pendenti, grazie a molti. Un record, o quasi.
Praticamente, a parte il magistrato o l'avvocato (tagliato fuori dal curriculum vitae, evidentemente), al Palazzo di Giustizia mi manca giusto di fare l'omino delle pulizie o il barista...
Il Caso ha voluto che l'orario del mio ingresso fosse di poco posteriore a quello dell'ex Direttore generale di banca Mps, Vigni Antonio: lui arrivato (mi dice Augustino Mattioli, mentre si ingozza di un piatto di tortelloni al bar del Tribunale) alle 13,35, io un'oretta dopo; lui arrivato in taxi, poi scortato dai carabinieri e dagli avvocati (De Martino più Borgogno), lo scrivente invece pedibus calcantibus, ma subito dopo - appena fatto ingresso all'interno - scortato dal Superavvocato Luigi De Mossi.
Mentre aspettavo di essere sentito in aula (la stessa in cui è stato incredibilmente assolto Acampa Giuseppe, nel luglio 2011), chiamato dalla difesa del maestro Adriano Fontani per una querela contro di lui (del caso di specie parlerò nel prossimo "mercoledì scolastico", trattandosi di robina di scuola), fra i vari pensieri che mi agitavano la testa, ce n'era uno forse prevalente: si è mai vista una città, un Sistema di potere così pervasivamente corrotto come quello senesota, negli ultimi anni, da Roma - esclusa - in su?
Ormai ci stiamo abituando (e purtroppo l'assuefazione è nefasta per l'indignazione), ma ci rendiamo conto che non esiste un singolo ganglo del potere senesota che non sia almeno (almeno) sotto inchiesta, se non direttamente sotto processo? Neanche a Parma, si è assistito a tanto (almeno lì hanno arrestato il Sindaco, peraltro).
E la cosa buffa (fino ad un certo punto) è che i protagonisti ed i comprimari del Sistema Siena, negli anni scorsi, avevano fatto lavorare i loro avvocatoni per cercare di silenziare le pochissime voci effettivamente scomode, attraverso cause e querele, e adesso si trovano (visti i tempi biblici della Giustizia) a dovere sostenere l'iter delle stesse in un contesto radicalmente mutato, diverso, incomparabile; con il senno di poi, magari avrebbero preferito tenerle nei cassetti, queste cause e queste querele, e fare riscaldare i loro legali per le future pugne.
Chissà come andrà a finire, con tutte queste inchieste; consoliamoci così: almeno questo film è iniziato, finalmente. Quando finalmente si arriverà in aula, mi auguro che ( a differenza del Processo Acampa) le platee (le aule del Tribunale) siano piene di gente, di cittadini.
Qualcuno - vorrà dire - prenderà il permessino, al lavoro; parecchi altri, avendolo invece perso, avranno tutto il tempo che vogliono, per godersi lo spettacolo...
Ps Per tutti i fans di Minucci Ferdinando, a proposito di quanto sopra, oggi ci sono due pezzi giornalistici stimolanti assai: uno sulla Gazzetta dello sport, l'altro sull'Espresso.
Ah, dimenticavo: la rosea scrive solo per tirare la volata a Milano,come notorio: gufi, invidiosi, biliosi, squallidi, sciacalli...
L'Espresso, invece, per chi tifa? Quando il suo Direttore veniva ad omaggiare Mussàri Giuseppe a Siena, andava tutto bene. Adesso che si fa? Ma il dubbio che, almeno di fronte a cose clamorose, un giornale possa dare una notizia perchè questa va data, non viene proprio mai?
giovedì 14 marzo 2013
Bergoglio, il Papa che voglio...
Sono ormai trascorse le prime 24 ore da Papa per Jorge Maria Bergoglio, nuovo Pontefice.
Cercando di sintetizzare al massimo il tantissimo che ci sarebbe da dire, 4 sono i punti più dirompenti, a bocce ferme almeno:
1) la provenienza geografica, da lui stesso sottolineata. Il votare un Cardinale così lontano fisicamente dalla Curia, un modo per salvare la Chiesa stessa? "Vengo dalla fine del mondo", forse è stato un modo per cercare di salvare quel che resta della credibilità della Curia romanota (ben diversa dalla Chiesa nel suo complesso)?
2) l'appartenenza alla grande scuola gesuitica (vendetta, postuma, del Cardinal Martini?). Anche questo, un primum. Fondata da Sant'Ignazio di Loyola nello stesso anno dello Scisma anglicano (1534), i gesuiti hanno avuto alterne fortune, con i Papi: dal 1773 al 1814, per dire, furono soppressi. Anche questa è una novità, ed un'incognita, clamorosa, di questo pontificato.
3) altro primum: Francesco sarà il primo Papa dell'evo moderno a dovere gestire il confronto con un predecessore vivente. Sia pur vero che Ratzinger è stato un pastore che ha saputo scaldare ben poco le sue pecorelle (per cui la strada dovrebbe essere assolutamente in discesa), il problema, e la novità, restano. Ed ovviamente la gestione della coabitazione dipende tanto da lui, quanto dall'ex Benedetto XVI (che farebbe bene ad abbandonare Roma).
4) altra novità (forse assoluta) di questo Pontefice: divenuto sacerdote dopo i trenta, ha candidamente ammesso (in tempi non sospetti) di avere avuto una fidanzata. Anche di Giovanni Paolo II si sapeva della sua amichevole relazione con la donna polacca che l'aveva infatti seguito (con marito al seguito) in Vaticano, ma il tutto era rimasto per anni misconosciuto, poi - venuto fuori nel periodo terminale del pontificato - era stato avvolto da una coltre di "si pensa, ma non si dice".
Una zona d'ombra, a dirla tutta, c'è l'ha anche il neo-Papa: il periodo della dittatura dei militari argentini. Il giornalista e scrittore Horatio Verbitsky, con il suo "L'isola del silenzio" (Fandango), ha scritto parole inequivoche sul ruolo di implicita copertura del regime di Videla da parte della Chiesa cattolica argentina. Lo stesso Bergoglio, nel 2006, fece fare un Mea culpa alla Chiesa, su questi fatti. Verbitsky è un giornalista molto ben documentato, e questo neo di Bergoglio resta. Non è tutta l'Argentina, ad esultare, in queste ore. Questo va detto e ricordato, a chiare lettere.
Per noi che ci dobbiamo lamentare "solo" di decenni di ladroni (in politica come altrove), e non di giovani torturati e poi scaraventati giù da un aereo (dopo l'estrema unzione, però) come tanti desaparecidos, resta una speranza, speriamo non vana: che Papa Francesco tenga davvero onore al nome che si è scelto, e, con piena coerenza onomastica, faccia davvero pulito, nella Curia romana (e magari anche in qualche altra Curia, più a noi vicina nonchè meglio conosciuta: ne riparliamo a breve, oggi Bergoglio merita l'articolo, no?).
Qui ormai non ci sono solo da allontanare i mercanti dal tempio, cosa che sarebbe già peraltro difficile; c'è da bonificare, e a fondo, la zona circostante!
Un buon lavoro a Papa Francesco, dunque, citando un cristiano adulto di sette secoli or sono:
"Fatto v'avete dio d'oro e d'argento;
e che altro è da voi a l'idolatre,
se non ch'elli uno, e voi ne orate cento?".
Dante Alighieri, Inferno (XIX, versi 112-114).
mercoledì 13 marzo 2013
Il mercoledì scolastico: "Professore, ho l'uveite!"
Stamattina, entrando in classe, in fondo all'aula vedo un ragazzo con l'occhio destro chiuso da un cerottone.
"Ieri pomeriggio, giocando a tennis, ho preso una pallina nell'occhio, professore!", dice, sconsolato, l'alunno.
Mi siedo, e mentre mi dedico ai consueti, cosiddetti "5 minuti del burocrate" (il lasso di tempo che ogni docente dedica, giorno dopo giorno, a riempire i registri, di classe e personale), mi viene da pensare alla sceneggiata dei parlamentari Pdl davanti al Palazzo di Giustizia di Milano (solo fiaccamente stigmatizzata dal Pd: c'è o no da mandare D'Alema al Quirinale?).
E mi viene da dire, tra me e me: e se l'ormai mitico, direi cult attacco di uveite fosse in qualche modo contagioso, all'interno della scuola italiana? Silvione ha avuto una prognosi di 15 giorni per l'uveite (più 6-7 giorni per tribolazioni cardiovascolari). Non c'è il rischio contagio, dunque?
Per inciso, a manifestare pro-Silvio, a Milano, c'era anche Mariastella Gelmini, ex Ministro dell'Istruzione (oltre alla sempre leggiadra Annamaria Bernini: tu quoque, Annamaria, tu quoque...).
Alla memoria ereticale, torna alla mente un episodio del sempre più lontano passato studentesco: V ginnasio, se non erro (nisi fallor, avrebbe chiosato, con la consueta eleganza latineggiante, il professor Franchi).
Una studentessa, interrogata sui verbi greci o latini (forse su tutti e due), ha un lieve mancamento, sembra svenire: l'interrogazione viene GIUSTAMENTE interrotta, seduta stante.
"Ragazzini, ragazzini: la salute prima di tutto, eh!", raccomanda la pensionanda (con il massimo rispetto e gratitudine) professoressa Neri. Quanta assoluta ragione! La classe ascoltava, pregna di pensieri e riflessioni concernenti l'accaduto.
I ricordi non sono, a questo punto, chiarissimi, ma parmi venire in mente che si formarono 2 fazioni, all'interno appunto della classe ginnasiale: gli innocentisti ed i colpevolisti (il futuro eretico, ovviamente, risiedendo, senza spirto di pietade alcuno, tra i secondi...).
L'aveva fatto apposta per bloccare un'interrogazione nata decisamente male, la furbina, ovvero si era davvero sentita male, la povera e fragile compagna di classe?
Il berlusconismo ormai tramontante (ma non ancora tramontato), dunque, ci lascerà un'altra eredità davvero unica: l'uveite (potenzialmente) antiinterrogazione. E ai ragazzi, agli studenti - si badi bene - NON si può neanche mandare il medico fiscale...
"Ieri pomeriggio, giocando a tennis, ho preso una pallina nell'occhio, professore!", dice, sconsolato, l'alunno.
Mi siedo, e mentre mi dedico ai consueti, cosiddetti "5 minuti del burocrate" (il lasso di tempo che ogni docente dedica, giorno dopo giorno, a riempire i registri, di classe e personale), mi viene da pensare alla sceneggiata dei parlamentari Pdl davanti al Palazzo di Giustizia di Milano (solo fiaccamente stigmatizzata dal Pd: c'è o no da mandare D'Alema al Quirinale?).
E mi viene da dire, tra me e me: e se l'ormai mitico, direi cult attacco di uveite fosse in qualche modo contagioso, all'interno della scuola italiana? Silvione ha avuto una prognosi di 15 giorni per l'uveite (più 6-7 giorni per tribolazioni cardiovascolari). Non c'è il rischio contagio, dunque?
Per inciso, a manifestare pro-Silvio, a Milano, c'era anche Mariastella Gelmini, ex Ministro dell'Istruzione (oltre alla sempre leggiadra Annamaria Bernini: tu quoque, Annamaria, tu quoque...).
Alla memoria ereticale, torna alla mente un episodio del sempre più lontano passato studentesco: V ginnasio, se non erro (nisi fallor, avrebbe chiosato, con la consueta eleganza latineggiante, il professor Franchi).
Una studentessa, interrogata sui verbi greci o latini (forse su tutti e due), ha un lieve mancamento, sembra svenire: l'interrogazione viene GIUSTAMENTE interrotta, seduta stante.
"Ragazzini, ragazzini: la salute prima di tutto, eh!", raccomanda la pensionanda (con il massimo rispetto e gratitudine) professoressa Neri. Quanta assoluta ragione! La classe ascoltava, pregna di pensieri e riflessioni concernenti l'accaduto.
I ricordi non sono, a questo punto, chiarissimi, ma parmi venire in mente che si formarono 2 fazioni, all'interno appunto della classe ginnasiale: gli innocentisti ed i colpevolisti (il futuro eretico, ovviamente, risiedendo, senza spirto di pietade alcuno, tra i secondi...).
L'aveva fatto apposta per bloccare un'interrogazione nata decisamente male, la furbina, ovvero si era davvero sentita male, la povera e fragile compagna di classe?
Il berlusconismo ormai tramontante (ma non ancora tramontato), dunque, ci lascerà un'altra eredità davvero unica: l'uveite (potenzialmente) antiinterrogazione. E ai ragazzi, agli studenti - si badi bene - NON si può neanche mandare il medico fiscale...
martedì 12 marzo 2013
Il libero giornalista che ha smascherato l'eretico: Carlo Cambi
La città aspetta qualche iniziale brandello di verità, qualche minimo lacerto di Giustizia; domattina si dovrebbe arrivare al rinvio a giudizio di Mussàri Giuseppe e degli altri 13 di Galaxopoly. Faccio sommessamente notare che, per questa vicenda di Ampugnano, l'unico ad essere arrivato ad una sentenza (di assoluzione, peraltro) è l'eretico. Sarebbe bene che per gli altri (quelli che il danno alla collettività l'hanno effettivamente arrecato) si giungesse, FINALMENTE, almeno al processo. La prima volta il grande penalista Fabio Pisillo era impegnato altrove; la seconda, un errore di traduzione bloccò tutto (sic!): stavolta, due giorni prima dell'udienza, viene fuori la storia dell'allarme attentato (Repubblica di ieri). Prima di incazzarsi definitivamente, aspettiamo domattina, dunque.
Nel frattempo, si delineano sempre meglio i contorni della campagna giornalistica post suicidio di David Rossi. Ieri scrivevo di "tale Cambi" di Libero, che aveva scritto un veemente articolo contro l'eretico, accusandolo implicitamente di avere causato la morte del povero Rossi.
Non avevo ancora avuto il tempo materiale di fare le mie verifiche, ma questo pomeriggio (a fortiori dopo un aiutino anonimo...) le ho fatte, queste verifiche, e ho scoperto una serie di circostanze stimolanti assai. A prima lettura, me lo immaginavo un giovane cronista precario, obbligato a scrivere quel pezzo vergognoso, incapace di reagire a pressioni varie; tra l'altro, poche settimane fa da Libero ero stato intervistato (campagna elettorale?), e soprattutto su quel quotidiano c'era stato l'entusiastico articolo proereticale di Giampaolo Pansa. Di cui si può pensare tutto ed il contrario di tutto, ma che certo non è l'ultimo arrivato, e che ha scritto ciò che Libero ha pubblicato non certo per guadagnarci qualcosa.
Questo Carlo Cambi, invece, non solo non è un giovanotto alle prime armi (forse nemmeno alle seconde), ma soprattutto è un giornalista (lui all'Ordine è iscritto di sicuro, non c'è neanche da controllare) molto, molto vicino alla Casta di Siena. In passato, ha scritto per Repubblica, Panorama, l'Espresso; la sua grande ideona è stata la fondazione del "Gambero rozzo", si presume antitetico a quello rosso. E bravo Cambi. Dice tra l'altro di insegnare Teorie e politiche del turismo all'Università di Macerata: roba grossotta, eh?
Già nel giurassico 2005, per dire, faceva parte, in qualità di coordinatore, del Comitato scientifico dell'Enoteca di Siena!
"Un manipolo di esperti al servizio del vino": 14 membri, proprio dal Cambi coordinati.
Arrivando più a noi vicini nel tempo (lo spazio resta quello), il Cambi il 25 novembre 2011, con Mps messa come era (ed è) messa, presenta un appuntamento letteralmente imperdibile: il Forum del vino. Organizzato da Mps ed Enoteca senesota. Presenti, al suo fianco, tutte le grandi menti che, in modo disinteressato, hanno contribuito a rilanciare la città nel mondo: Vigni Antonio, Ceccuzzi Franco, più Simone Bezzini (toh...); nel pomeriggio (chissà dove sarà stato in mattinata...) si unì all'allegra brigata financo Mussàri Giuseppe. Non mancava proprio nessuno.
"Sono toscano di cultura, di formazione ma vivo a Macerata...e sono felice perchè qui le antiche mura dialogano con la campagna e senti con Giacomo Leopardi che l'orizzonte è "Infinito"", ha avuto l'ardire di dichiarare. Anche il povero Giacomino ha citato, il Cambi: chissà cosa ne penserebbe l'inarrivabile recanatese...
Esperto di enogastronomia, il buon Cambi - riferito a questo blog e a Fratello illuminato - ha scritto di "indiscrezioni, CALUNNIE, gossip di bassa lega", verso Rossi; poi ha scritto di una querela contro l'eretico (mai ricevuto nulla, da parte di Rossi); dulcis in fundo, dopo avere citato un pezzo del mio articolo sulla morte di David Rossi, ha sentenziato quanto segue (Libero, 8 marzo 2013):
"Forse a quella denuncia (ripeto, a me mai pervenuta, Ndr) di Rossi i Pm di Siena avrebbero dovuto dare più ascolto".
Due piccioni con una fava: attacco alla Magistratura, attacco alla libera informazione.
Sprecato, per l'Enoteca, un maestro di giornalismo come questo Cambi...
Ps Il Conclave è appena iniziato, e l'eretico lo segue con grande curiosità, anche se non si aspetta molto: per il suo uomo di Chiesa di riferimento (Acampa Giuseppe), il soglio pontificio non è ancora maturo.
Nel nostro piccolo, però (ed in vista della querela che verrà discussa il prossimo 4 aprile fra l'eretico e mezza Curia senesota), un aiutino glielo vogliamo proprio dare, non si sa mai che possa servire. A giovedì, dunque.
lunedì 11 marzo 2013
Gli speculatori del caso Rossi
"Buffone...hai bisogno di pietà...vergogna gente così via da Siena subito...il prof. Ascheri non sa cosa sia la coscienza...il rispetto non sa cos'è"; poi si apre il fronte lavorativo-professionale: "Si continua a dargli i soldi dello stato...non capisco come faccia il Preside a non prenderlo a calci una volta per tutte". Questo per quanto concerne una breve sintesi dei commenti negativi relativi alla lettera rivolta a Filippo Rossi.
Torniamo all'articolo, del giorno prima, sulla morte di David Rossi, con qualche altra perla di umanità e saggezza:
"Ma vai a cacare, buffone...sei solo un pagliaccio...l'eretico con l'ipocrisia ci fa colazione tutti i giorni da quando è nato...questa città ha perso l'umanità, ed è anche grazie a un pezzo di merda come te" (primissimo commento, 30 minuti precisi dopo il pezzo).
Tutti interventi - a scanso di equivoci - RIGOROSAMENTE ANONIMI, dal primo all'ultimo (controllare per credere): se fossero stati rivolti ad altri (come spessissimo accade), NON li avrei mai pubblicati. Essendo rivolti a me, l'ho fatto. Come sempre, forse più di altre volte.
Avrei potuto invece pubblicare i tanti messaggi, privati, di solidarietà ricevuti da fior di giornalisti, indignati per la vigliacca strumentalizzazione della tragica vicenda: ma preferisco così (ringrazio solo Tonino Polistena, l'unico locale che abbia avuto il coraggio di manifestare solidarietà, tra l'altro firmandosi).
Non scriverò una sola riga su David Rossi, oggi: quello che mi sentivo di scrivere, l'ho scritto quando era ben vivo e, soprattutto, ben potente. A questo punto, parce sepulto, come è giusto che sia. Chi ha interpretato la mia posizione come mancante di pietas, faccia pure: per me è solo mancanza di ipocrisia (unita alla considerazione che nessuno mai dovrebbe morire a 52 anni).
In attesa degli sviluppi delle indagini, perchè è giusto che si sappia che cosa lo ha effettivamente spinto al suicidio.
L'eretico cercherà piuttosto di commentare quello che è accaduto in questi 4 giorni: forse il punto più basso e vergognoso mai toccato dalla Casta senesota, parlando da un'ottica prettamente mediatica. Anche perchè per la prima volta c'è scappato il morto (potente, perchè il Sistema Siena dei morti li ha già provocati tempo fa, in qualche modo: ne scriveremo).
Neanche si sapeva con certezza se Rossi si fosse suicidato (2 fascicoli aperti dal Pm Nicola Marini), niente si sapeva dei tabulati telefonici, niente si conosceva del materiale informatico sequestrato dalla Procura, che quel giornalismo impresentabile che ha contribuito fattivamente a determinare lo sfascio della città partiva, lancia in resta, per colpire la libera informazione, anonima o meno che fosse. Come sempre e come giusto, scriverò per me, sapendo gli altri difendersi da soli.
Mediaticamente, prende subito corpo che Rossi sia stato sotto indicibile pressione per un articolo (duro e sarcastico quanto si vuole) scritto in questo blog, pezzo dello scorso 2 giugno (!): un'offesa all'intelligenza delle persone, ed anche dello stesso comunicatore Mps, che certo stupido non era (e difatti mai mi sarei permesso di descriverlo in siffatto modo).
Grazie verosimilmente a ben dosati suggerimenti, si arriva poi all'articolo di tale Cambi su Libero, in cui si istituisce un nesso causale, diretto ed esplicito, fra il suicidio e l'articolo del 2 giugno 2012. Quando si arriva a questo, ad accusare di avere fatto morire un'altra persona, credo proprio che si debba fare un'eccezione alla regola aurea che l'eretico si è autoimposto anni fa (non querelare): molto probabilmente ci sarà un po' di lavoro in più, per l'avvocato (anzi, il Superavvocato) Luigi De Mossi...
A livello locale, inutile infierire; ci piace (si fa per dire) sottolineare l'unica presa di posizione ufficiale ed istituzionale, da parte dell'unica autorità che è rimasta in carica in città (per quello che conta). Ecco che il Presidente della Provincia (Simone Bezzini) si fa scrivere un interventino di cui cito questo alato passaggio:
"Mi auguro che questa vicenda faccia riflettere seriamente sul CLIMA D'ODIO che è stato coltivato in questa città, anche attraverso il vergognoso utilizzo dell'anonimato".
Rifletteremo, rifletteremo, e con calma; ho mezzo scaffale di articoli e dichiarazioni di castisti e giornalisti embedded improntate alla Pace universale ed al volersi bene, nonchè al rispetto dell'altro e della sua dignità, soprattutto se debole e senza nessuno alle spalle. Diamo tempo al tempo.
La Casta dunque prima che si sappia alcunchè di certo, attacca in modo forsennato, trovando subito il capro espiatorio. Che gran voglia di darci dentro, ragazzi: David Rossi ammazzato dai blog, David Rossi morto per quell'infame articolo ereticale del 2 giugno.
Non può attaccare - come magari vorrebbe - la Magistratura, perchè sa che diventerebbe una parodia del Pdl, e a quel punto anche gli "omini degli orti" finalmente aprirebbero gli occhi, vedendo l'assoluta complementarità morale fra gli schieramenti.
Urge quindi trovare altro, ed ecco l'attacco alla libera informazione. Da notare, anche se potrei tirarmi fuori, dato che mi firmo senza problemi: attacco agli anonimi, senza mai fare un nome ed un cognome. Curioso, no?
Fortunatamente, questo giochino (disperato quanto vergognoso) scoppierà verosimilmente in mano a chi l'ha azionato, come altri bluff (do you remember la discontinuità di Ceccuzzi, per esempio?): il tempo è galantuomo, e credo non ci sia nemmeno - in questo caso - da aspettare anni ed anni.
Chi ha comprato i quotidiani, in questi giorni, faccia un regalo all'eretico e, soprattutto, a se stesso: li conservi. Potranno tornare quantomai utili, in un prossimo futuro.
Ps Questo blog, a partire da domani, riprenderà la consueta attività: chi voleva intimidirlo, ancora una volta, aveva fatto male i calcoli. Molto male...
giovedì 7 marzo 2013
Lettera a Filippo, fratello di David Rossi
Caro Filippo,
tu sei il fratello (credo minore) di David Rossi; noi non ci conosciamo, e questo da una parte rende più agevole il mio delicatissimo compito di stasera.
Mi hai scritto un commento, dopo l'articolo di ieri, che merita di essere commentato e, soprattutto, necessita di una risposta.
Il tuo intervento, inevitabilmente, esprime un forte livore nei miei confronti: è giusto che sia così, chiunque lo farebbe, al posto tuo.
Ti dirò di più, e ti prego di credermi: se questo sfogo ti può consentire di sentirti anche solo per qualche attimo meglio, sia il benvenuto.
Con solo un minuscolo taglio, mi permetto di riportare il tuo commento:
"Volevo dirti che il tuo sarcasmo è finito, come è finita la vita di una persona per bene che si chiamava David, sì il mio fratello grande. Ora, il tuo blog avrà altro di cui occuparsi.
Per me, che sono di parte, era bellissimo e senza macchia, o la macchia la potevi togliere con un pillotto. Invece no, ha preferito andarsene, così, senza neppure salutarmi e di questo sono molto incazzato, non c'è pace per me. Ho le spalle larghe, ma non so se adesso lo saranno abbastanza.
Ora rientra nel mazzo che il jolly ti è già uscito, non so se la colpa è anche tua, di quello che è successo, come si dice chi vivrà vedrà, ed io mi dispiace sono ancora vivo".
Una lettera che - come anticipato - merita alcune risposte.
Caro Filippo, sembra dal tuo intervento che questo blog si sia occupato, in 2 anni e mezzo di attività, solo di tuo fratello: quando avrai tempo e soprattutto voglia, vai a controllare, e ti accorgerai che NON è certo così.
Un giornalista del Corriere della sera (Marco Imarisio) mi ha chiesto questo pomeriggio se riscriverei tutto quello che ho scritto su tuo fratello, negli anni scorsi: gli ho risposto assolutamente di sì, e senza cambiare una virgola.
Credo che tu, comprensibilmente distrutto dal dolore, faccia confusione su questo: i piani nostri, sono del tutto diversi. Tu ti richiami ad un David familiare, intimistico: non esito a credere ineccepibile; ma io, nel criticarlo ed attaccarlo, mi rifacevo ad un piano pubblico, muovendo accuse a quel livello (la principale? La leva della pubblicità Mps per cercare di silenziare le potenziali voci critiche contro il vecchio management mussariano, a livello nazionale). I due piani non vanno mai confusi, se possibile. Passata almeno la prima ondata di emotività, pensaci.
Sono stato sarcastico, con lui? Certo che sì, eccome. Senza nessuna retorica: quando ti metti contro una potenza finanziaria-mediatica-politica come quella da lui incarnata per anni, l'ironia ed il sarcasmo (insieme al paradosso) sono le uniche armi che hai, insieme ad un valido avvocato e ad un'ottima (quando possibile) documentazione. Ognuno ha portato avanti la sua battaglia con i mezzi che aveva a disposizione.
Domani sera sono ospite della trasmissione di Raidue "L'ultima parola", quella condotta da Paragone (a scanso di equivoci, il tutto era già stato fissato ben prima del tragico gesto di tuo fratello). Di certo mi chiederanno qualcosa su di lui: cercherò di tenere una linea d'equilibrio tra quella che era la mia posizione molto critica, ed il rispetto che merita la sua tragica fine. Se non ci riuscirò, avrò fallito.
Ti prego però - se vorrai - di ragionare con la tua testa, di fronte a coloro (alcuni sono già partiti, altri stanno giusto riscaldando il motore) che useranno la tragedia di tuo fratello come vera e propria clava contro l'informazione libera. Io ho usato il sarcasmo, sì: questi altri signori, invece, che cosa usano?
Avviandomi alla conclusione, vorrei ripeterti che se vuoi indirizzare la tua rabies verso di me, sei liberissimo di farlo, ne hai pieno diritto; ma chiediti se non ti sembra di enfatizzare qualcosa (che mi riguarda), magari trascurando del tutto molto, molto altro (che non mi compete assolutamente, ne converrai).
Una morte come quella di tuo fratello merita un approfondimento che sia davvero tale: se vuoi iniziare da questo blog, benissimo; ti prego, però, di non fermarti qui.
Un abbraccio forte, e di certo molto più sincero di tanti che ti verranno dati in queste ore
Raffaele
tu sei il fratello (credo minore) di David Rossi; noi non ci conosciamo, e questo da una parte rende più agevole il mio delicatissimo compito di stasera.
Mi hai scritto un commento, dopo l'articolo di ieri, che merita di essere commentato e, soprattutto, necessita di una risposta.
Il tuo intervento, inevitabilmente, esprime un forte livore nei miei confronti: è giusto che sia così, chiunque lo farebbe, al posto tuo.
Ti dirò di più, e ti prego di credermi: se questo sfogo ti può consentire di sentirti anche solo per qualche attimo meglio, sia il benvenuto.
Con solo un minuscolo taglio, mi permetto di riportare il tuo commento:
"Volevo dirti che il tuo sarcasmo è finito, come è finita la vita di una persona per bene che si chiamava David, sì il mio fratello grande. Ora, il tuo blog avrà altro di cui occuparsi.
Per me, che sono di parte, era bellissimo e senza macchia, o la macchia la potevi togliere con un pillotto. Invece no, ha preferito andarsene, così, senza neppure salutarmi e di questo sono molto incazzato, non c'è pace per me. Ho le spalle larghe, ma non so se adesso lo saranno abbastanza.
Ora rientra nel mazzo che il jolly ti è già uscito, non so se la colpa è anche tua, di quello che è successo, come si dice chi vivrà vedrà, ed io mi dispiace sono ancora vivo".
Una lettera che - come anticipato - merita alcune risposte.
Caro Filippo, sembra dal tuo intervento che questo blog si sia occupato, in 2 anni e mezzo di attività, solo di tuo fratello: quando avrai tempo e soprattutto voglia, vai a controllare, e ti accorgerai che NON è certo così.
Un giornalista del Corriere della sera (Marco Imarisio) mi ha chiesto questo pomeriggio se riscriverei tutto quello che ho scritto su tuo fratello, negli anni scorsi: gli ho risposto assolutamente di sì, e senza cambiare una virgola.
Credo che tu, comprensibilmente distrutto dal dolore, faccia confusione su questo: i piani nostri, sono del tutto diversi. Tu ti richiami ad un David familiare, intimistico: non esito a credere ineccepibile; ma io, nel criticarlo ed attaccarlo, mi rifacevo ad un piano pubblico, muovendo accuse a quel livello (la principale? La leva della pubblicità Mps per cercare di silenziare le potenziali voci critiche contro il vecchio management mussariano, a livello nazionale). I due piani non vanno mai confusi, se possibile. Passata almeno la prima ondata di emotività, pensaci.
Sono stato sarcastico, con lui? Certo che sì, eccome. Senza nessuna retorica: quando ti metti contro una potenza finanziaria-mediatica-politica come quella da lui incarnata per anni, l'ironia ed il sarcasmo (insieme al paradosso) sono le uniche armi che hai, insieme ad un valido avvocato e ad un'ottima (quando possibile) documentazione. Ognuno ha portato avanti la sua battaglia con i mezzi che aveva a disposizione.
Domani sera sono ospite della trasmissione di Raidue "L'ultima parola", quella condotta da Paragone (a scanso di equivoci, il tutto era già stato fissato ben prima del tragico gesto di tuo fratello). Di certo mi chiederanno qualcosa su di lui: cercherò di tenere una linea d'equilibrio tra quella che era la mia posizione molto critica, ed il rispetto che merita la sua tragica fine. Se non ci riuscirò, avrò fallito.
Ti prego però - se vorrai - di ragionare con la tua testa, di fronte a coloro (alcuni sono già partiti, altri stanno giusto riscaldando il motore) che useranno la tragedia di tuo fratello come vera e propria clava contro l'informazione libera. Io ho usato il sarcasmo, sì: questi altri signori, invece, che cosa usano?
Avviandomi alla conclusione, vorrei ripeterti che se vuoi indirizzare la tua rabies verso di me, sei liberissimo di farlo, ne hai pieno diritto; ma chiediti se non ti sembra di enfatizzare qualcosa (che mi riguarda), magari trascurando del tutto molto, molto altro (che non mi compete assolutamente, ne converrai).
Una morte come quella di tuo fratello merita un approfondimento che sia davvero tale: se vuoi iniziare da questo blog, benissimo; ti prego, però, di non fermarti qui.
Un abbraccio forte, e di certo molto più sincero di tanti che ti verranno dati in queste ore
Raffaele
mercoledì 6 marzo 2013
Il suicidio di David Rossi
La notizia, non c'è dubbio, è di quelle che lasciano assolutamente attoniti. Il suicidio di David Rossi piomba la città in un clima da riedizione, in salsa locale, di Mani Pulite, giusto 20 anni dopo.
Andando a memoria, allora il primo suicidio che insaguinò l'Italia fu quello del socialista Moroni.
Prima le monetine a Mussari, oggi il suicidio del suo strettissimo collaboratore, da più di 10 anni immancabilmente al suo fianco.
Questo blog ha sempre tenuto una posizione estremamente dura e polemica nei confronti del Rossi (che, ricordiamolo, era stato perquisito una decina di giorni or sono nell'ambito dell'inchiesta su Mps, pur non risultando indagato), e non siamo abituati a cambiare idea con facilità, neanche di fronte ad eventi luttuosi e drammatici. Non ci piaceva per niente - e l'abbiamo sempre scritto - il modo con il quale aveva gestito l'Area comunicazione della banca Mps, ed il suo modus operandi l'avevamo sempre stigmatizzato, non esimendoci dal sarcasmo.
Rispettiamo dunque in pieno il lutto della famiglia, come è sacrosanto che sia (lutto aggravato dal fatto che si tratta di una morte precoce); ma non venite, in questa sede, a chiedere facili ed ipocrite prese di posizioni agiografiche post mortem. Non è proprio il caso.
Diremo di più: a coloro i quali volessero osare dire o scrivere che David Rossi non ha retto la pressione ANCHE di una stampa libera (quella che aveva sempre combattuto con determinazione), spesso polemica nei suoi confronti, sapremmo bene come rispondere, e con dovizia di particolari. Auguriamoci di non dovere arrivare, a questo tipo di battaglia. Credo sarebbe meglio per tutti.
Ci sono tanti motivi, per i quali un essere umano si può suicidare, e fino in fondo solo lui (e neanche sempre) conosce le ragioni più autentiche e profonde del suo gesto.
C'è il suicidio eroico, c'è il suicidio romantico (nella duplice accezione, culturale e sentimentale), c'è il suicidio da pressione, c'è quello da dolore, quello di denuncia ed altri ancora.
Resta solo da dire una cosa: questa città ha perso non solo l'innocenza, ma anche la decenza, ormai da molti anni.
Pur non essendone assolutamente convinto, mi piace pensare che, almeno arrivato alla fine che lui stesso ha voluto tale, se ne sia accorto anche, perfino David Rossi.
Il mercoledì scolastico: più Educazione fisica, ma chi cede?
Ritorniamo finalmente a scrivere di scuola, dopo la pausa dello scorso mercoledì. Scusandoci ancora per il buco della scorsa settimana (quello dell'Università è ben peggio, eed anche oggi siamo arrivati all'ennesimo, sconcertante rinvio!).
Il tema da sviscerare, oggi, è il seguente: se si vuole davvero cambiare qualcosa nella scuola di oggi, si dovrebbe partire da cose concrete, quotidiane. Non dai soliti proclami pedagogistici.
Facciamo un esempio. Premesso che per ogni docente la sua materia è quella più importante e meriterebbe almeno il doppio del monte-ore attualmente previsto, arriviamo alla radice del problema: vi sembra normale che in questo paese i giovani virgulti facciano due ore alla settimana di Educazione fisica, e non una di più?
A parte problemi seri come l'obesità giovanile e la diffusissima, inarrestabile problematica posturale, vi sembra fisiologico che un discendente dell'homo sapiens sapiens, in età giovanile, trascorra (5 giorni su 6) 5 ore al giorno seduto in un banchetto striminzito, su una seggiolina piuttosto scomodina?
Ed è chiaro che poi inizia la quotidiana lotta fra docenti e discenti per andare al bagno: noi giustamente ci inalberiamo, però l'uscitina per sgranchire le gambe ci sta tutta. Con più movimento istituzionalizzato, verrebbe dunque meno quella fase della mattina in cui tutti gli alunni maschi sembrano sessantenni dalla prostata ipertrofica...
Per l'occasione, mi permetto di dare un piccolo, ma spesso efficacissimo, consiglio ai colleghi: quando vedete uno che proprio non ce la fa più a stare seduto, fatelo pure alzare e ordinategli di girare intorno, per 7 o 8 volte, ai banchi dei compagni. Per almeno un paio d'ore - datemi retta - non vi disturberà più!
Torniamo alla vexata quaestio: chi dovrebbe rinunciare ad un'oretta pro Educazione fisica, quale disciplina?
Personalmente, pur appartenendo alla potentissima lobby dei docenti di Italiano, mi sgancerei volentieri, cedendo almeno un'ora dal mio monte, a favore appunto dell'Educazione fisica. Profondamente convinto che i ragazzi ne trarrebbero giovamento. Non so quanti altri mi seguirebbero, ma io lo farei davvero.
Chi toccare, dopo? Ognuno si faccia la sua idea, l'eretico il suo orticello lo sfronderebbe volentieri.
La scuola di oggi - a pensarci bene - è del tutto sbilanciata sull'impegno intellettuale; dovremmo tornare alle basi, a quel Giovenale, portabandiera della mens sana in corpore sano.
Ce la faremo mai?
Ps Stanno iniziando i tornei sportivo-studenteschi; lo scrivente guiderà la squadra di basket della Cecco Angiolieri: pur di vincere, siamo disposti a tutto (corruzione arbitrale, doping, giocatori fuori età...).
martedì 5 marzo 2013
Grillo come Hitler?
Le elezioni politiche sono state ormai archiviate, con il clamoroso risultato determinato dalle urne: tanto clamoroso, da essere forse in parte inatteso dallo stesso Grillo.
In questa settimana, dunque, è venuto fuori di tutto, sul Movimento 5 stelle; era inevitabile che così fosse, stante l'assoluta novitas rappresentata dallo stesso.
Un Movimento che ha un leader assolutamente carismatico, ma allo stesso tempo non presente in Parlamento nel momento del trionfo (e lo stesso dicasi per il guru Casaleggio); un Movimento che è stato capace di attrarre milioni di voti, senza che i votanti conoscessero chi stavano mandando in Parlamento (visti i conosciuti, meglio il salto nel vuoto?); un Movimento clamorosamente trasversale, capace di erodere massicciamente a destra come a sinistra (e parecchio al Pd, che non è più di sinistra, e neanche di destra, ormai: proprio alla Grillo...).
La più curiosa (e vergognosa, direi) delle accuse che sono state mosse al vincitore delle elezioni è quella di essere un Movimento simil-nazista. A tal proposito, sulla Nazione di oggi, c'è uno stimolante pezzo di Roberto Giardina sull'argomento (pagina 4, con la riproposizione del discorso hitleriano). "Un discorso del Fuhrer, ripreso dal web, agita i 5 stelle".
Grillo va criticato, quando se lo merita, sulle singole cose (reddito di cittadinanza? Benissimo, ma diciamo esattamente dove prendiamo i danari, per esempio), ma è francamente intollerabile che si arrivi a certe mistificazioni storiche. Che sono talmente strampalate, verso la Storia innanzitutto, da non meritare neanche risposta, forse. Ma siccome la disonestà intellettuale disturba assai lo scrivente, qualche riga sarà giusto vergarla.
Hitler tuonava duramente contro i partiti della moritura Repubblica di Weimar, così come Grillo tuona oggi contro tutti i partiti della moritura seconda Repubblica: nessun dubbio; certe vicinanze linguistiche, poi, ci sono:
"Chi è il responsabile? Loro! I partiti! Abbiamo una nazione economicamente distrutta...Milioni di disoccupati...sono loro i responsabili!".
Adolf Hitler pronunciò questo discorso a Berlino il 4 aprile 1932 (dunque meno di un anno prima di andare al potere).
Uno legge queste frasi, e come fa a non dire: sembra di sentire parlare Grillo davanti alle piazze (strapiene) dei giorni scorsi.
Peccato che, mancando la dovuta contestualizzazione, si pecchi di assoluto anacronismo.
Per almeno 4 motivi (e ribadisco almeno 4):
1) scontato (ma non banale, evidentemente) da dire: Hitler da sempre - anche da ben prima del 1933 - predicava la necessità cogente della violenza, e di corpi d'élite addestrati all'uopo (come d'altro canto Mussolini ed anche Lenin, negli stessi anni). Dove sarebbero le camicie brune, nere o rosse di Grillo?
2) Hitler va al potere per un combinato disposto di tre fattori principali: la mancanza di anche uno solo di questi, non avrebbe mai consentito ad Hitler di affondare la pur malmessa Repubblica di Weimar. La crisi economica del 1929 con le sue ripercussioni dirette sull'economia tedesca, allora alquanto dipendente dagli States; divisione, frammentazione della sinistra autoctona; senso di rivincita dopo la cocente umiliazione politico-militare di Versailles.
Come si vede, 2 punti - i primi - possono, sebbene forzatamente, essere attualizzati, mentre il terzo è del tutto inesistente. Grillo vuole che l'Italia si riprenda la Libia o l'Etiopia, forse?
3) sin dal Mein kampf (la cui lettura vivamente raccomando, prima di avventurarsi in argomenti troppo complessi), Hitler aveva creato un nemico, esponendolo al pubblico odio: gli ebrei (in realtà, almeno due: anche gli slavi).
Durante i comizi di Grillo ho sentito dire (poi vedremo che succederà, ovviamente) che "nessuno deve rimanere indietro", ma non che qualcuno deve essere annientato, in quanto indegno della società, o cose simili;
4) Hitler andò al potere perchè, dopo il cosiddetto Fronte di Harzburg (Harzburger front, 1931), era divenuto il leader assoluto della destra germanica, e la grande industria, il grande capitale tedesco gli consegnarono le chiavi del successo, con il loro determinante, fondamentale appoggio. I poteri davvero forti erano dunque con Hitler, nel 1933; nell'Italia di oggi, i banchieri, i costruttori, gli imprenditori più importanti, i gangli decisivi dello Stato, stanno forse con Grillo?
In questo caso, è davvero il momento di dire: una risata vi seppellirà...
Ps Chi ha trovato questo discorso "pregrillino" di Hitler del 4 aprile 1932 ha comunque fatto un bello scoop; vediamo adesso se si trova qualche altro grande oratore politico del Novecento che abbia scelto come slogan elettorale "andiamo a smacchiare il giaguaro". Buon lavoro ai cercatori!
lunedì 4 marzo 2013
Un'imprenditrice di talento: Rosanna Mereu in Minuccii
Quella che si è aperta oggi è una settimana cruciale (tanto per cambiare), per Siena: sapremo se - come anticipato dal Fatto - la città verrà ulteriormente commissariata (saltando tout court le prossime elezioni comunali!), per un buco che sembra essere divenuto una voragine devastante (il Pd si affretti ad inventare qualcosa per gli "omini degli orti", altrimenti alla fine si incazzano anche loro...); la tragedia della giovane donna uccisa in Vallerozzi, poi, non può non colpire, sembrando che davvero ogni nefandezza si stia concretizzando, con curiosa tempistica, in questo 2013 così drammaticamente intenso (Mussàri Giuseppe si è dimesso dall'Abi il 22 gennaio, per gli smemorati).
In un panorama così devastante e devastato, quando si riesce a cogliere un raggio di sole, di speranza, ciò è davvero meraviglioso. La crisi morde, addenta? E morde soprattutto i piccoli, come si sa? Ebbene sì, e le donne in modo ancora più implacabile.
Ecco che - nella settimana che ci porta dritti alla Festa della donna - possiamo finalmente raccontare la storia, bella, di una donna che ce l'ha fatta: Rosanna Mereu in Minucci, la moglie del potentissimo dominus della squadra di basket senese, legatissimo a Mussàri Giuseppe nonchè incidentalmente indagato dalla Procura di Siena.
Lo facciamo a maggior ragione volentieri, essendo oggi il compleanno della suddetta Rosanna Mereu in Minucci (ovviamente, non diremo mai l'età della signora). Un marito importante, potente e vincente, dalla cui immagine l'imprenditrice, con maestria, ha saputo svincolarsi. Un esempio da seguire, a maggior ragione di questi tempi perigliosi.
E facciamo volentieri pubblicità (gratis) a questa imprenditrice, che, dopo una vita da montepaschina (1973-2009) ed una laurea in Giurisprudenza (1978), si è buttata a capofitto nel magico mondo della moda, superando - in meglio - i goffi e patetici tentativi mussariani di fare diventare Mps più fashion di Valentino o dell'odiatissimo Giorgino Armani.
Su Siena news del 23 giugno 2012, per esempio, c'è un dettagliato resoconto di una serata a Maranello (patria di Ferrari, luoghi da vincenti), in cui si presentava la collezione autunno-inverno 2012-2013 della società Rosyemme (che rimanda al marchio di famiglia minucciano Best solutions, con sede - chi l'avrebbe detto? - in Viale Achille Sclavo 19).
In un fantasmagorico impasto di italiano ed inglese (degno di Albertone in "Un americano a Roma"), l'anonimo "giornalista" descrive la serata (presenti tale Antonella Mosetti - Dio la conservi - e financo Fabrizio Corona in versione precarcerazione), e soprattutto presenta la linea di moda creata dall'alata mente della signora Minucci.
Una perla, tutta da gustare, questo "articolo" di Siena news. L'eretico ve ne propone giusto un assaggio, da palati fini:
"è in questa cornice (la serata a Maranello, appunto, Ndr) che sono state portate in passerella le CREAZIONI DI ROSANNA MEREU, designer del brand toscano Rosyemme. Una palette sorprendente per i sofisticati colletti rigorosamente handmade senza dimenticare le esclusive cinture all-over textured (della serie, mai più senza, Ndr), abbinate a preziosi cappelli, alleati per eccellenza della seduzione (sic, Ndr).
Sono i pezzi MUST HAVE della collezione Fall Winter 2012-2013 targate Rosyemme, che ha saputo catturare l'attenzione dei media e dei clienti più attenti al glamour e all'originalità.
Handcrafted with love: il gusto, la passione e la cura dei dettagli che tanto fanno parlare di Rosyemme, siamo sicuri, non passerà inosservata".
Concordiamo in toto con questo articolo di denuncia sociale pubblicato su Siena news lo scorso 23 giugno: questa società Rosyemme, le sue creazioni, fashion e trendy quant'altre mai, non passeranno inosservate.
Chi vuole bene alla sana imprenditoria locale (e femminile), farebbe bene a pubblicizzare, da par suo, il tutto. Questo blog l'ha fatto, ha indicato una via da seguire: il coraggio imprenditoriale di Rosanna Mereu in Minucci non va assolutamente disperso...
Ps L'eretico concorda in pieno con gli Illuminati: mercoledì davanti al Tribunale, se non una nuova manifestazione, almeno un presidio della società civile ci dovrebbe essere, in vista delle decisioni del Gup sull'inchiesta dell'Università senesota (sperando che non ci sia un ulteriore, intollerabile, rinvio).
Visto che i cittadini, più o meno, lavorano, sarebbe bene che ci andassero, tutti insieme, i candidati a Sindaco, compreso Bruno Valentini: gli altri cittadini POSSONO, i candidati DEVONO andare. E poi, in seguito, indire quanto prima quella bella manifestazione, il più possibile unitaria, a sostegno della Magistratura!
domenica 3 marzo 2013
La domenica del villaggio: Educazione siberiana
Riprendendo, dopo l'interruzione elettorale, l'appuntamento con "La domenica del villaggio", non si può non scrivere, in modo pressochè monografico, del film di Gabriele Salvatores "Educazione siberiana" (in programmazione al cinema Pendola, da giovedì scorso).
Le attese con cui l'eretico si è recato a vedere il film, tratto dal romanzo di Lilin, erano fortissime, ma il risultato è stato sostanzialmente all'altezza: c'è chi ha scritto, con ragione ( mi riferisco a Paolo Mereghetti), che il film "racconta con professionalità, più che con vera compartecipazione".
Ma che tipo di compartecipazione ci può essere, con chi ha vissuto il decennio 1988-1998 in Transnistria (est della Moldavia, a sua volta est della Romania)? La compartecipazione -a mio modo di vedere - pretende un background almeno un minimo condiviso, fra i personaggi e lo spettatore. Bene, dunque, che il regista Salvatores descriva piuttosto asetticamente un mondo che naturaliter gli è del tutto alieno, come è alieno per la stragrande maggioranza degli spettatori. I personaggi del libro e del film, infatti, sono esseri umani che hanno vissuto in un mondo così diverso dagli standard occidentali attuali, che la compartecipazione, per come la si intende, è sic et simpliciter impossibile. Ci può essere vicinanza spirituale, simpatia, pietas, magari: non certo compartecipazione.
Il film si presta a diverse chiavi di lettura: la più efficace (nonchè attualizzabile) sembra essere quella della contrapposizione delle due figure siberianamente educate, Gagarin e Kolyma; di fronte alla disgregazione valoriale della fine dell'URSS e del passaggio alla corruzione assoluta del periodo eltsiniano, l'uno (Kolyma) si aggrappa, con lucidità e determinazione, alla gerarchia valoriale proposta dallo ieratico nonno Kuzja, mentre l'altro (il biondo Gagarin) abbandona il mos maiorum dell'etnia siberiana e dei "criminali-etici" Urka per farsi prendere dalla nouvelle vague criminale in auge (fatta di soldi facili, donne ancora più facili e cocaina), antitetica a quella siberiana.
Kolyma, pur nel profluvio di violenza e dolore, salverà l'anima; Gagarin, invece, perderà l'anima, e non solo quella.
Due le citazioni più evidenti, per i cinefili: lo scontro fra bande rivali, con mazze da baseball e coltelli, in un tipico spazio sovietizzante, ricorda da vicinissimo (con tanto di immagini rallentate) uno dei passaggi di "Arancia meccanica"; da Kubrick, Salvatores arriva a Spielberg, con il suo "Gangs of New York": quando nonno Kusja (lo straordinario John Malkovich) addestra i due giovani all'arte del coltello su due maiali appesi, dicendo loro dove e come colpire, la citazione sfiora il plagio rispetto a quella del boss-macellaio D.D. Lewis con Leonardo Di Caprio nel gangster movie spielberghiano.
Un film da vedere senza dubbio, insomma; ed un film che può dire e dirci qualcosa, a modo suo, anche sulla nostra Italietta di oggi. Chi ha orecchie per intendere, magari, intenda...
Ps Ieri è morta una persona molto nota, in città: Tullio Marzucchi. Goliardo ed imprenditore del turismo. Non lo conoscevo personalmente, non ci avevo mai parlato, quindi mi astengo da ogni giudizio.
Sono vicino, e mando un caloroso abbraccio, alla figlia Camilla, frequentatrice, non dell'ultima ora, del blog ereticale. Una lettrice che ha scritto molto (e spero continuerà a farlo), e sempre firmandosi. Mi piace pensare che il padre gradisse il suo non nascondersi.
venerdì 1 marzo 2013
Note a margine della manifestazione di mercoledì
Oggi l'eretico avrebbe voluto scrivere d'altro, avendo già commentato a sufficienza l'evento di mercoledì pomeriggio. Il profluvio di commenti sul pezzo di ieri, però, lo costringe a tornare non tanto sulla cosa in sé, quanto su come è stata appunto commentata nel blog.
Il bello di questo strumento è proprio questo: la libera discussione; non a caso, pur qualche volta cascandomi le braccia, cerco di pubblicare tutto, purchè ci sia la famosa CONTINENZA ESPRESSIVA cui sempre bisogna fare riferimento. Come ebbe a dire un noto frequentatore di blog, l'ottimo Bastardo senza gloria, è chiaro che ci devono essere delle regole di ingaggio: tra le quali, quella, fondamentale, di sapere incassare, come ogni buon pugile ben sa.
Vediamo dunque di fare alcune considerazioni a margine:
1) pur pubblicizzando la cosa (e presenziandovi volentieri assai), è di palmare evidenza che tanti che NON vi hanno partecipato volontariamente (non perchè, magari, fuori città), hanno pieno, pienissimo diritto di essere annoverati lo stesso fra gli oppositori del Sistema Siena (penso al Santo, ma non solo a lui). Valgono certo di più anni di lavoro, che una passeggiata di mezz'oretta!
2) quanto allo scontro mortale fra tucciani e neriani (versione senese dei Guelfi bianchi e neri di fine Duecento a Firenze), ripeto che la cosa migliore l'ha fatta lo stesso Enrico Tucci, scrivendo un commento per tirarsene fuori. Come già scritto, meglio dunque Enrico Tucci di alcuni (anonimi) tucciani, e meglio Eugenio Neri di molti che lo sostengono.
3) aggiungo che sarebbe bene che altri venissero fuori, oltre a Max Angelini con la sua Città ai cittadini, per organizzare cose simili: dopo anni ed anni di arretrati, ben venga l'opulenza, pur sapendo che i cercatori di nuova verginità sempre si presenteranno all'incasso (e ben sapendo che gli stessi difficilmente provengono da una parte sola).
Berlusconi chiama il Pdl in piazza contro i giudici: chi è che si fa avanti, in loco, per fare scendere la gente in piazza a favore della Procura? Lo facevano a Milano giusto 20 anni fa, non è il caso di farlo anche a Sienina? Non siamo forse di fronte ad una Mani pulite in salsa senesota?
4) last but not least, una risposta è dovuta anche alla attivissima Beatrix Kiddo, prolificissima commentatrice del mio blog.
La quale sta dipingendo il povero eretichino come, in tutta franchezza, proprio non è. Mi descrive come uno inebriato dal successo, quasi non più capace di intendere e di volere: credimi, cara Beatrix, non è così. Lo scrivente, infatti, continua a fare quello che faceva prima: la scuolina (mercoledì si riparte con il "mercoledì scolastico") la mattina, il blogghino il pomeriggio o la sera, più le altre cose che facevo, paro paro, anche prima (mi è toccato anche tornare a giocare a calcio nei Fedelissimi, causa squalifica del portiere titolare: a proposito, un saluto al bomber Pippo!). Ed aggiungo che, nel mio piccolo, alla televisione nazionale, per interviste seguite da qualche milioncino di spettatori, sono arrivato ben PRIMA di scrivere i miei libercoli sul malaffare senesota, non oggi (del domani, non c'è certezza, come si sa).
Non di ciò paga, arriva a scrivere, a me riferito, che "sei troppo vittima delle lusinghe di chi sapientemente ha capito che doveva venire ad adularti per averti dalla sua? Sei così fragile, sei così CORRUTTIBILE?".
Cara Beatrix, di nuovo. Mi pare di avere già detto (forse anche scritto!): magari avessero cercato di comprarmi, avrei ceduto IMMEDIATAMENTE, e costando meno, molto meno, di un De Gregorio qualsiasi. Invece, purtroppo, tutti buoni e zitti (non con le carte giudiziarie, però). Speriamo, almeno, in futuro...
Adesso scusatemi: ho giusto un appuntamento con il mio Superavvocato, Luigi De Mossi, per preparare la strategia per le querele in corso. Dura più il successo, o durano di più le carte giudiziarie?
Ps Questo era doveroso dire, a margine della manifestazione di mercoledì: a questo punto, dichiaro ufficialmente aperta la sessione del venerdì della guerra fra tucciani e neriani!
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