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giovedì 30 agosto 2012
Dubrovnik: anche la Bellezza si bombarda
Una "città fatta di pietra e di luce, un palmo di mano aperto sotto le stelle ed offerto al mondo" (Jure Kastelan): questa è Dubrovnik, l'antichissima Ragusa. La "perla dell'Adriatico", altri chiamano questa straordinaria città del sud della Croazia, a pochi km. dal Montenegro. Un po' Lecce, un po' Pienza, un po' Venezia.
Da qualche anno, è tornata - dopo la tragedia della Guerra civile della ex Jugoslavia durata dal 1991 al 1995 - ad essere piena, straripante di turisti, soprattutto durante il periodo estivo. L'eretico c'è tornato lo scorso luglio, dopo 2 anni di assenza dalla sua prima volta lì.
"La stagione migliore è settembre-ottobre, con il mare ben caldo; oppure la primavera, per la bellezza della natura!", mi dice Luko Dalmatin, un ingegnere che - come moltissimi suoi concittadini - si gode la pensione insieme alla moglie, in più affittando sobe (stanze) ai turisti. Luko - spalle da gigante, capelli ancora folti - parla un buonissimo italiano; è stato un ingegnere, ha un figlio che studia Giurisprudenza a Roma; da giovane, prima di rompersi un crociato, era una promessa della locale squadra di pallanuoto (grande la tradizione croata: si pensi alle ultime Olimpiadi!). Un uomo normale, con una famiglia normale; il quale improvvisamente, quel maledetto 6 dicembre 1991, si trovò, quarantatrenne, ad improvvisarsi soldato, per difendersi dal vigliacco attacco dei serbi e dei dirimpettai montenegrini. Iniziarono a bombardare dalle alture appena sopra al mare, proprio dove aveva ed ha casa Luko: le armi pesanti, tutte per i serbi; i croati di Dubrovnik, neanche l'esercito, avevano. I più militarizzati erano i locali poliziotti, gli altri erano al massimo dotati di fucili da caccia.
Niente di più, se non due armi, una rivelatasi fallace, l'altra no: la Bellezza e l'orgoglio, la fierezza di essere una città che - a metà XIV secolo - era riuscita a ribellarsi con successo all'allora onnipotente, in Dalmazia, Venezia.
Partiamo dal secondo elemento. L'orgoglio li spinse a resistere, pur colpiti dall'alto e dal mare. Incredibile a dirsi, ma nessun soldato serbo o montenegrino - nonostante le distruzioni inferte alla città antica (Stari grad), con le sue straordinarie mura - mise mai piede all'interno della perla dell'Adriatico!
La Serbia voleva il suo sbocco al mare (e che sbocco, e che mare), ma fallì miseramente. I montanari, i valligiani serbo-montenegrini che volevano conquistare quella meraviglia nella quale spesso erano venuti in villeggiatura durante il periodo titoista, dovettero amaramente constatare di avere fallito: pur stremata, pur per settimane senz'acqua e luce, inizialmente nell'indifferenza paratotale dell'Europa che aveva altro cui pensare, Dubrovnik non cedette.
I suoi fierissimi abitanti, però, avevano compiuto un clamoroso errore, poi appunto riscattato dalle capacità resistenziali: avevano creduto, si erano persuasi che la Bellezza della loro città fosse una sorta di scudo che li avrebbe tenuti al sicuro. L'Unesco con il suo riconoscimento, la bellezza del suo tessuto urbano tutto in calcare (cosa abituale in Dalmatia), la forza della Storia: questi ingredienti dovevano essere sufficienti, per preservare Dubrovnik dalla barbarie e dalla vigliaccheria.
Non solo però non furono bastevoli, furono, forse, un'aggravante: il predone, non preferisce forse, ad occhio, una bella villa sul mare, rispetto ad una casetta ordinaria o financo squallida?
Dubrovnik è la riprova che la Bellezza non salva, non può salvare, come già la Seconda guerra mondiale aveva dimostrato in abbondanza.
Adesso la antica Ragusa deve salvarsi, invece, solo da se stessa (oltre che dai terremoti, essendo zona ad altissimo rischio sismico, come il terremoto del 1667 dimostra): corre il rischio di Venezia e di tutte le città che vengono prese d'ostaggio dal turismo di massa. Il pericolo è reale.
Il momento migliore per vederla, ormai, è la mattina fino alle 8, forse le 8,30, priva di turisti vocianti, di gruppo o meno.
Ad ogni buon conto, una lezione Dubrovnik ce la può e deve dare anche oggi: nonostante tutto ciò che accadde 20 anni fa, è sempre aperta la Chiesa ortodossa. La Chiesa della confessione di coloro che semidistrussero Dubrovnik solo due decenni or sono.
Molti turisti neanche si accorgono che sia ortodossa, pochi ci entrano, preferendo i negozi a loro destinati. La Chiesa, con le sue belle icone ai lati, però c'è, e si mostra a chiunque voglia visitarla, nel cuore della città antica: esempio, davvero mirabile e straordinario, di forza e di tolleranza al tempo stesso.
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Kotor ha la chiesa cattolica in centro e nessuno la tocca. Penso che sia per questo motivo (reciprocità). Non è perchè tu vieni da Dubrovnik (bombardata), il disprezzo per i vigliacchi montanari l'avresti lo stesso. Si evince.
RispondiEliminaCaro anonimo,
Eliminain questo caso, onore allora a Kotor, alla sua civiltà ed ai suoi abitanti!
Se tu avessi letto altri miei interventi sulla Guerra della ex Jugoslavia (anche in questo blog), avresti visto e capito che mi sono sempre battuto per evidenziare che i "cattivoni", tra il 1991 ed il 1995, non erano certo solo i serbi, come in Italia (auspice in primis il Vaticano) si voleva fare spudoratamente intendere.
Ma su Dubrovnik, credo che il comportamento dei serbo-montenegrini NON sia assolutamente difendibile, in nessun modo.
L'eretico
Sono passati diversi anni dal bombardamento, mi ricordo però che nei serbi vi era sorpresa e incredulità per una decisione così drastica come l'indipendenza. Con questo voglio dire, che in molti di noi ci si colpevolizzava di non aver lavorato di più per evitare che sucedesse nuovamente un conflitto.
EliminaRitengo troppo superficiale accusare chi ha attaccato la città.
Uno dei simboli della Jugoslavia era proprio Dubrovnik e qualcuno non ha resistito probabilmente ma accuso semmai quella gente che non è stata in grado di realizzare ancora di più i sogni che aveva per evitare la guerra.
La bellezza della città era l'incontro di svariati popoli che la visitavano da ognidove per commerciare, per noi la diversità era una forma di bellezza che rimbalzava a centinaia di chilometri creando quello spirito comune nella diversità.
Chiaramente in Italia il gusto per il bello, principalemente risiede nel aspetto architettonico e artistico.
Però prima non era così, Dubrovnik era nel cuore di tutti e quando uno all'estero voleva dire di dov'era indicava sulla cartina non Belgrado ma la città di Dubrovnik (se non è amore per una città cos'era questo?).
Il tuo blog ha toccato un nervo che non pensavo più di avere (complimenti veramente).
Se avessero attaccato Siena con mortai e mitragliatrici non dubito che la Cittá per quanto possibile si sarebbe difesa con tutte le sue forze. Ben più efficaci sono state finanza e politica.
RispondiEliminaUna volta entrati in città dopo averla distrutta e ucciso chi ci viveva si poteva andare avanti quanto si voleva e poi proseguire via via trucidando. La guerra è la vera sconfitta che spero di non rivedere più.
EliminaQuello di usare tutti i mezzi a disposizione per abbattere i nemici e metterli uno contro l'altro, per esempio ultimamente la finanza ha diviso economicamente la Croazia in due parti (una continentale e l'altra marittima).
Uno dei grandi pregi che riconosco all’Eretico è che riesce ad offrirci visioni appassionanti di ciò che è altro da Siena.
RispondiEliminaIn genere c’è sempre di mezzo la Storia, che considero lo scrigno del sapere in assoluto, e che è la felice matrice professionale del nostro editore.
Ricordiamoci che Siena è grondante, di Storia.
Non dimentichiamo, chiediamoci il perché delle cose, piuttosto che pendere istupiditi dalle labbra di chi celebra se stesso.
Se pensiamo che l’orgoglio di appartenere ad una realtà straordinaria come Siena basti per riscattare il malgoverno, ho il sospetto che si faccia la fine di Narciso…
Ma è vero che Dubrovnik venne colpita da poche granate e il fumo che si vede nelle foto dell'epoca era stato acceso ad arte con dei pneumatici ? Il tutto per "fare notizia" contro i "cattivi" ?
RispondiElimina