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domenica 3 febbraio 2013
La domenica del villaggio: da Machiavelli a Tarantino, con finale leopardiano...
L'eretico - ci vuol poco a capirlo - è un desanctisiano convinto: non concepisce la cultura e l'impegno letterario senza il connesso valore civile. Una volta alla settimana, però, il balsamo del totale disimpegno dalle questioni politico-affaristiche è davvero tale...
Quest'anno ricorre il cinquecentesimo anniversario della pubblicazione de Il Principe: sarà dunque un anno all'insegna del Machiavelli, e la sua Firenze si sta preparando all'uopo.
Un intervento di Jéremié Barthas sul Sole 24 h. del 20 gennaio, tra l'altro, suggerisce una nuova lettura del creatore della politica moderna: Machiavelli non solo come esperto politologo e dell'arte della guerra, ma anche come economista. Proprio quel campo del sapere che molti avevano presentato come lacunoso, potrebbe invece riservarci novità. Lo studioso collega infatti la nota polemica di ser Nicolò contro le truppe mercenarie (uno dei punti più cogenti del suo capolavoro) ANCHE ad una importante considerazione sulla sostenibilità dei costi delle stesse, e sulla necessità del sotteso sfruttamento delle popolazioni oppresse dai fiorentini per recuperare il danaro.
"Si è detto spesso che l'economia sarebbe assente dal suo pensiero ma non si è prestata attenzione alle radici profonde della sua critica delle élite e del sistema dei mercenari, quali invece ci appaiono dai ricchissimi archivi fiorentini di quegli anni. Proponendo di armare il popolo, è tutto il sistema del debito pubblico che Machiavelli si riprometteva tacitamente di far saltare".
Con un'ultima, sacrosanta considerazione: i mercenari - per ovvie ragioni - la guerra NON cercano mai di farla durare il meno possibile; gli eserciti di popolo, invece, assolutamente sì.
In attesa di gustarmi lo spielberghiano "Lincoln", ho visto, alcuni giorni or sono, l'ultimo lavoro di Q. Tarantino. "Django Unchained" è un gran film (per chi ama Tarantino) per metà circa dell'opera: i grandi spazi innevati del Sud, la sequenza, parodistica e demistificante, del goffo attacco degli incappucciati del Ku Klux Klan, la novità di un personaggio come il coprotagonista dr. King Schultz (un sorprendente Christoph Waltz, premiato con il Golden Globe come miglior attore non protagonista). Nel corso della prima parte, tutto fila che è un tarantiniano piacere; nel secondo tempo, invece, la sceneggiatura si sfilaccia un po' (forse parecchio), ed il buon Quentin si trova costretto ad alzare il livello dello splatter e del grand guignol, fino al parossismo. Senza più trovare quella eleganza, a tratti genialità, che di solito (ed anche in questo film, come detto), lo contraddistingue.
Il legame con il Django di Sergio Corbucci (1966), poi, vale per quel che deve valere: quasi un moto dell'animo, un segno di tarantiniana gratitudine verso uno dei suoi inconsapevoli maestri.
C'è anche un cameo di Franco Nero, il Django corbucciano: perchè non dargli più spazio, magari nella difettosa seconda parte del film?
Concludiamo con una citazione leopardiana, che ci restituisce un Giacomo (allora 23enne) capace di cogliere nel segno, da par suo, sul delicato tema della seduzione: evitiamo facili sarcasmi legati alla sua tristissima condizione, e concentriamoci su ciò che scrive. Ancora una volta, se lo merita.
" Non c'è miglior modo di fare colpo e fortuna con una giovane superba e sprezzante, che disprezzandola. Or chi crederebbe che l'amor proprio (giacchè dal solo amor proprio deriva l'amore altrui) potesse produrre questo effetto, che quando egli è punto, si provasse inclinazione per chi lo punge? Chi non crederebbe al contrario che una donna altera e innamorata di se stessa, dovesse vincersi, interessarsi, allettarsi con gli ossequi, cogli omaggi ec.? Eppure così è. Non solo l'ossequio e l'omaggio ti farà sempre più disprezzar da costei...(ma) conviene che tu segua imperturbabile a mostrarle noncuranza fino alla fine" (1 agosto 1821, Zibaldone).
Il Giacomo che mai e poi mai ti saresti aspettato...
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Django mi è piaciuto molto pur con qualche prolissità. C. Waltz da oscar (anche il doppiatore italiano).Certo pulp Fiction è un assoluto ma d'altronde "non c'è nulla di peggio per un genio di essere compreso" (Flaiano).Lincoln è anche meglio(Sally Fields è fantastica).La morale è che un uomo etico rimane tale anche se usa mezzi disdicevoli per salvare i superiori principi al cospetto della Storia.
RispondiEliminaLuigi De Mossi
Caro professore, trovo la "domenica del villaggio" di oggi tremendamente stimolante.
RispondiEliminaSu Machiavelli ed il debito pubblico, vedo con puntualità inquietante, che la storia si ripete, basti pensare alle discussioni sull'euro chi l'ha creato, e la strana "coincidenza" di quanto gli inglesi se ne tengano "debitamente" a distanza. Però se gli stessi argomenti trattati da loro, tenti di svilupparli qui in "Itaglia" ti danno del pazzo.
Django devo vederlo.
Per quanto riguarda Leopardi, mi ci volevi te per rendermelo attuale ed a sua volta straordinariamente interessante. Ho sempre invidiato un caro amico, che ha sempre ostentato distacco e sufficenza con le donne, ed era puntualmente colui che aveva più successo, senza durare nemmeno tanta fatica.
Grazie professore, quando si dice il maestro vuol dire.....
Lincoln risparmiatelo,
RispondiEliminaa meno che tu non vada a vederlo in lingua originale...
Jonsi
Raffaele scusami, lo so che non centra niente ma guarda un po qui . . . . http://firenze.repubblica.it/cronaca/2013/02/01/news/mps_200_poltrone_in_meno_cos_taglia_i_vecchi_legami_con_la_politica-51667293/
RispondiEliminaCarinissimo il corollario leopardiano di questa Domenica del Villaggio. Credo comunque che avrebbe fatto meglio a prender lezioni di seduzione dal Visconte di Valmont, e lezioni di filosofia nel boudoir dal Marchese De Sade..
RispondiEliminacordialmente
BK
...ecco, ora mi è venuto in mente da chi ha preso l'ispirazione quello sfigato che negli anni '80 cantava "..prendi una donna, trattala male...ecc..ecc".
EliminaHA HA HA
BK
Non so se Leopardi sia da prendere sul serio come "maestro" dell'arte della seduzione... Non mi pare che abbia avuto molto successo con le donne.
RispondiEliminaTra l'altro il giochino dell'ignorare e' pericoloso: si corrono vari rischi. Il primo e' che la donna in questione pensi che lui non abbia alcun interesse e quindi si metta il cuore in pace ed indirizzi le sue attenzioni verso un'altro soggetto piu' disponibile al dialogo.
A distanza di piu' di vent'anni un amico universitario mi ha rivelato di essere stato innamorato di me ai tempi, appunto, dell'universita' (nel Paleolitico circa).
Il fatto e' che lui si era comportato proprio come suggerito da Giacomo ed io, che gia' ero insicura di me stessa (altro che alterigia del cavolo) ero convintissima non solo di non piacergli, ma che lui non avesse neppure stima nei miei confronti!
Quando mi ha detto della sua "cotta" ero allibita!
Non l'avrei mai sospettato.
Se il suo atteggiamento fosse stato diverso, forse le cose sarebbero andate diversamente.
Quindi preferisco non dar retta a nessun "manuale" della seduzione, e tantomeno a quello di Leopardi.
Ben venga, invece, il Principe, ottimo anche per quanto riguarda le relazioni tra i due sessi (o con lo stesso sesso): e' la mia "bibbia".
Buonanotte
Lucrezia